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La miniera d’oro perduta della Valtellina

La miniera d’oro perduta della Valtellina

Miniera di oro Valtellina – Colmen di Dazio: una montagna dal fascino antico

La Colmen di Dazio — nota anche come Culmine o “Colma di Dazio” — è un rilievo di modesta altitudine (circa 913–950 m s.l.m., a seconda delle fonti) che si erge tra la media e la bassa Valtellina, delimitando la piana di Ardenno da un lato e il conoide di Talamona dall’altro.

Dal suo crinale, nelle giornate limpide, lo sguardo spazia dalle vette della Val Masino fino ai rilievi della Val Gerola, abbracciando la valle, il corso dell’Adda, la piana del Pian di Spagna e oltre.

Geologicamente, la Colmen è composta da un plutone granitico — il cosiddetto “granito di Dazio” — prodotto da antiche intrusioni magmatiche in rocce metamorfiche preesistenti. Queste rocce dure e compatte hanno resistito all’erosione glaciale durante l’era quaternaria, donando al monte la sua forma arrotondata e facilmente riconoscibile.

Ma non è solo la geologia a rendere speciale la Colmen: la sua storia — reale e leggendaria — la trasforma in un luogo denso di fascino, mistero e ricordi del passato. Tra questi spicca la narrazione di una miniera d’oro, attiva fino al Settecento, nei pressi di Porcido.

La montagna magica gioiello nascosto della Valtellina


La miniera d’oro di Porcido: mito, storia e realtà

Origini della leggenda e prime testimonianze

La “miniera d’oro” associata alla Colmen di Dazio — definita in dialetto “miniéra d’òor” — è parte integrante della memoria locale. Fonti del XVI–XVII secolo, come l’opera “Rhaetia” del 1616 di Guler von Weineck (all’epoca governatore per le Tre Leghe Grigie della Valtellina), descrivono Colmen come un monte scosceso e sterile, ma segnalano “cunicoli sotterranei, cisterne e miniere” — sebbene nel suo racconto si parli di miniere di ferro abbandonate.

Tuttavia — e qui inizia la parte più intrigante — nei dintorni di Porcido, sul versante sud del monte, è documentata fino alla fine del Settecento una miniera “d’oro”.

Il riferimento più esplicito a questa attività mineraria compare in un documento del 1804: secondo la cronaca del sacerdote e storico locale Giovanni Libera, due tecnici — Pini e Moscati — “esaminarono l’oro nelle montagne di Porcido, e giudicarono non convenirne l’estrazione per causa … delle strade malagevoli che ne rendevano troppo ardua l’impresa”.

In altre parole: l’oro esisteva — o si pensava esistesse — ma la difficoltà logistica rendeva l’attività poco redditizia.

Realtà e dubbi: miniera d’oro oppure minerali “pregiati per errore”?

Negli studi e nelle narrazioni locali non si trovano dettagli su quantità estratte, tipologia di vene, analisi geologiche moderne o testimonianze di consistenti ricchezze. Questo ha portato diversi ricercatori e appassionati a suggerire che molte delle “mini” di oro nella zona — inclusa quella di Porcido/Colmen — potrebbero essere in realtà attive miniere di minerali meno nobili, come magnetite o calcopirite. Il loro colore giallastro, probabilmente, alimentò le leggende e spinse a definirle “mini d’or”.

Analoghe situazioni si riscontrano in altre aree dell’arco alpino: miniere considerate “d’oro” erano in realtà ricche di minerali ferrosi o di pirite, facilmente confondibili visivamente col metallo prezioso.

Per la Colmen/Porcido non sono mai emerse prove certe — né filoni d’oro modernamente analizzati, né monete o lingotti documentati — che attestino un’estrazione significativa. Dunque, la “miniera d’oro” resta oggi un mix di storia, memoria locale e folklore.

Il contesto storico: perché l’attività cessò

Se l’attività estrattiva durò fino alla fine del Settecento, la sua cessazione (e la mancata ripresa anche dopo l’esame del 1804) sembra dovuta non a un esaurimento delle vene, ma a ragioni pratiche: la difficoltà di accesso, le condizioni delle vie, la scarsa redditività rispetto all’impegno richiesto.

Al contempo, non ci sono documenti storici che testimonino una seconda “corsa all’oro” intensa nella zona, come invece avvenne in altri luoghi alpini. Questo suggerisce che la convinzione dell’esistenza di oro — e della possibilità di farne bottino — gradualmente si affievolì, lasciando posto al silenzio, al mito, e alla curiosità.


La Colmen: natura, trekking e memoria

Oggi la Colmen di Dazio è diventata un luogo amato da escursionisti, appassionati di natura e amanti delle storie alpine. Grazie al lavoro del CAI Morbegno e dell’Associazione Colmen – la Montagna Magica sono stati recuperati e mantenuti diversi sentieri che conducono alla cima, permettendo di percorrere antiche mulattiere e scenari naturali di grande bellezza.

La montagna offre un contrasto di ambienti molto marcato: il versante sud, scosceso e arido, ricorda l’asprezza delle Alpi, con prevalenza di erica e pochi alberi; il versante nord, più umido, ospita boschi di castagni, querce, carpini e altre specie tipiche dei versanti orobici.

Non solo natura: la cima ospita le tracce di strutture storiche — antiche fortificazioni per l’avvistamento, casermette costruite durante la prima guerra mondiale (e riutilizzate anche nella seconda) — e oggi una di queste è stata trasformata in rifugio, aperto al pubblico dal 2016.

Così, la Colmen vive oggi un duplice ruolo: da una parte custode di leggende e memorie antiche, dall’altra meta escursionistica accessibile, in cui la storia si intreccia con la natura e il paesaggio alpino.


Cosa resta del sogno della miniera d’oro?

La vicenda della miniera di Porcido rimane avvolta da un alone di incertezza. Il fatto che:

  • i documenti storici parlino di “oro” e non solo di minerali ferrosi;

  • l’attività sia attestata fino alla fine del Settecento;

  • un controllo del 1804 abbia confermato “tracce d’oro”;

fa pensare che — almeno in superficie o in filoni sotterranei — qualche traccia del prezioso metallo possa essere esistita, oppure creduta tale dagli abitanti. Tuttavia:

  • non sono stati ritrovati archivi con quantità estratte;

  • non si conoscono analisi moderne su rocce/filoni;

  • nulla conferma un’estrazione massiva.

Per questo oggi la miniera di Porcido tende a essere considerata più un elemento di folklore locale, un simbolo delle speranze e delle difficoltà alpine, che un sito minerario “storicamente redditizio”.

Eppure — ed è questa la bellezza del luogo — il fascino rimane: la Colmen di Dazio porta con sé memorie perdute, storie che trasformano la roccia in mito, e un paesaggio che invita a chiedersi cosa davvero si nasconda sotto la sua crosta granitica.


La storia della Colmen ci affascina ancora oggi

La storia del monte Colmen di Dazio unisce geologia, storia alpina, ricordi locali e leggenda. È il racconto di un territorio che — pur non celebre come le grandi miniere — conserva in sé l’eco delle aspirazioni umane, la durezza del lavoro alpino, e l’eterna attrazione per l’oro e ciò che rappresenta.

Anche se oggi non possiamo dire con certezza che la Colmen e Porcido custodiscano ancora oro, il loro valore reale risiede in ciò che contengono: memoria, natura, suggestione, bellezza. E per questo, la “montagna magica” continua a esercitare un fascino particolare — per chi ama camminare, riflettere, immaginare.

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