Con la stagione fredda, si riaccende il dibattito su come ottimizzare il riscaldamento domestico per contenere i costi energetici.
La scelta tra mantenere il riscaldamento sempre acceso a temperatura costante o accenderlo solo quando necessario con il termostato è cruciale, così come la decisione di abbassare la temperatura di mandata dell’acqua nei radiatori.
La soluzione più efficace dipende soprattutto dal tipo di caldaia installata, tra caldaia tradizionale e caldaia a condensazione, due sistemi che operano con principi e rendimenti molto differenti.
Le differenze fondamentali tra caldaia tradizionale e caldaia a condensazione
La caldaia tradizionale, tipica in molte abitazioni italiane con riscaldamento autonomo, funziona bruciando gas metano per riscaldare l’acqua che scorre nei termosifoni. Durante la combustione, i fumi caldi vengono espulsi a temperature elevate, tra 140°C e 180°C, disperdendo una parte significativa di energia termica nell’ambiente esterno. L’efficienza di queste caldaie si attesta tra l’85% e il 92% e rimane sostanzialmente costante al variare della temperatura dell’acqua di mandata. Ciò significa che abbassare la temperatura di mandata su una caldaia tradizionale produce benefici marginali e potrebbe addirittura compromettere il comfort se i radiatori non sono dimensionati per lavorare a temperature più basse.
Al contrario, la caldaia a condensazione rappresenta un’evoluzione tecnologica che recupera il calore latente contenuto nel vapore acqueo dei fumi di combustione, permettendo di ottenere un rendimento energetico superiore, spesso tra il 92% e il 110%. Questo avviene perché i fumi vengono raffreddati fino a condensare il vapore acqueo, liberando energia termica aggiuntiva che viene riutilizzata per preriscaldare l’acqua di ritorno dal sistema di riscaldamento. Per sfruttare appieno questo meccanismo, però, è necessario che la temperatura di mandata sia mantenuta bassa, idealmente sotto i 50-55°C. Solo così si ottiene la cosiddetta “condensazione”, che può garantire un risparmio reale del 15-25% rispetto all’uso tradizionale.

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Abbassare la temperatura di mandata e l’importanza della sonda esterna
Uno dei consigli più diffusi per abbassare i costi del riscaldamento riguarda proprio la riduzione della temperatura di mandata dell’acqua calda ai termosifoni. Impostare la mandata a circa 45-55°C anziché ai classici 70-80°C può rendere l’impianto più efficiente, ma solo se la caldaia è a condensazione e se l’impianto è progettato per lavorare a basse temperature. Nei sistemi tradizionali, il vantaggio è limitato e talvolta si rischia di non raggiungere la temperatura desiderata negli ambienti.
Inoltre, la gestione intelligente della temperatura di mandata è fondamentale per massimizzare il risparmio energetico. Le caldaie a condensazione moderne sono predisposte per l’installazione di sonde esterne, dispositivi che rilevano la temperatura esterna e regolano dinamicamente la temperatura di mandata in base al reale fabbisogno termico. Questo evita sprechi energetici nelle mezze stagioni o durante le giornate meno fredde. Tuttavia, secondo dati recenti di ENEA, circa il 50% delle caldaie a condensazione installate negli ultimi anni, spesso a seguito dei bonus fiscali al 65%, non è dotato di sonda esterna o non utilizza termostati evoluti come quelli con protocollo OpenTherm. Ciò comporta un funzionamento inefficiente e bollette più alte.
L’integrazione con termostati intelligenti, come i sistemi a zone o i dispositivi che supportano OpenTherm (ad esempio Tado), consente un controllo ancora più preciso, adattando la temperatura alle esigenze di ogni stanza e riducendo ulteriormente i consumi di gas. Questi sistemi, combinati con la sonda esterna, possono portare a un risparmio fino al 20% sul consumo di combustibile.
Mantenere il riscaldamento sempre acceso: un mito da sfatare
Un altro tema molto dibattuto riguarda la convenienza di mantenere il riscaldamento sempre acceso a una temperatura costante, ad esempio 19-20°C, evitando di spegnerlo durante la notte o quando si è fuori casa. L’argomento principale a favore di questa strategia è che si eviterebbe il consumo energetico necessario per “recuperare” la temperatura al mattino.
Tuttavia, studi e simulazioni mostrano che con una caldaia tradizionale questo approccio comporta quasi sempre un aumento dei consumi, perché l’energia dispersa durante le ore di inattività supera quella spesa per riscaldare nuovamente la casa. Il consumo in più può oscillare tra il 10% e il 15%.

Riscaldamento, attenzione alle bollette (www.valtellinamobile.it) 









