Emilio Visconti Venosta (Milano 1829-Roma 1914) discendente di una delle più illustri famiglie valtellinesi, fu educato a Milano e divenne mazziniano. Nel 1848 fu uno dei protagonisti delle “Cinque giornate” di Milano, ma dopo i moti del ’53 capì che la rivoluzione da sola non avrebbe condotto all’unità d’Italia. Esule in Piemonte conobbe il Cavour che nel 1859 gli affidò il rischioso e delicato incarico di commissario regio presso Garibaldi. Divenne poi uno dei principali statisti italiani e fu per otto volte ministro degli Esteri. In questa veste o per speciale incaricato del Governo, trattò le più importanti questioni internazionali con grande tatto e capacità. Fu sempre orgoglioso della sua origine valtellinese e volle essere sepolto a Grosio dove soltanto, diceva, di sentire “le radici sotto i piedi”. Non gli mancarono riconoscimenti, fu deputato e senatore, divenne marchese e fu decorato del Gran Collare dell’Annunziata, la massima onorificenza del Regno che aveva contribuito a conquistare. Rimane tuttora il nostro “più grande con valligiano”, come lo definì Luigi Credaro nella commemorazione tenuta al Consiglio provinciale quando morì.
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