Territorio

I borghi abbandonati in Valtellina e Valchiavenna

I borghi abbandonati in Valtellina e Valchiavenna

I borghi abbandonati: quando la montagna racconta storie di abbandono e silenzio

La Valtellina non è solo sinonimo di piste da sci, pizzoccheri e terme. Tra i suoi versanti più remoti si nascondono piccoli borghi abbandonati, sospesi nel tempo, dove la natura ha ripreso il controllo e le tracce della vita quotidiana sembrano cristallizzate. Questi luoghi affascinano non solo per la loro atmosfera misteriosa, ma anche per la forte carica emotiva che trasmettono. Camminare tra i vicoli deserti, osservare le case in pietra e i tetti di piode coperti di muschio è un’esperienza intensa: è come aprire un libro dimenticato dalla Storia.

Molti di questi borghi abbandonati erano un tempo comunità vivaci, spesso legate all’agricoltura, alla pastorizia o alle miniere. L’isolamento geografico, l’emigrazione verso la pianura o l’estero, la mancanza di infrastrutture e i cambiamenti economici hanno però spinto intere famiglie ad abbandonare questi insediamenti. Oggi, ciò che resta sono paesi fantasma, spesso raggiungibili solo a piedi, attraverso sentieri immersi nel verde, tra boschi di castagni e scorci mozzafiato.

Il forte segreto in Valtellina

Esplorare questi Borghi abbandonati è un modo per connettersi profondamente con il territorio, con le sue memorie e le sue radici. È anche un’occasione per fare escursioni insolite, lontano dai circuiti turistici tradizionali, perfette per chi ama il silenzio, la lentezza e l’autenticità.

Nel resto dell’articolo esploreremo quattro dei borghi abbandonati più suggestivi della Valtellina: Savogno, Codera, Sostila e Scilironi, con informazioni pratiche su come arrivarci, difficoltà dei percorsi e consigli per visitarli in sicurezza. Pronto a partire per questo viaggio nel tempo?


Savogno: il borgo di pietra sospeso tra cielo e silenzio

Savogno è forse il più iconico tra i borghi abbandonati della Valtellina. Situato nel comune di Piuro, in provincia di Sondrio, Savogno si trova a 932 metri di altitudine e oggi conta solo pochi abitanti stagionali o escursionisti di passaggio. Un tempo era un villaggio florido, legato all’economia montana e agli scambi con la vicina Svizzera. Oggi è una perla nascosta, raggiungibile solo a piedi, che conserva intatta la sua anima di pietra.

Storia e fascino senza tempo

Il borgo ha origini molto antiche, risalenti almeno al Medioevo. Le sue case in pietra, con tetti in piode e scale esterne in legno, raccontano di una vita dura ma dignitosa. C’erano una scuola, una chiesa, mulini, forni comuni: tutto il necessario per una comunità autosufficiente. Ma con il tempo, l’emigrazione verso il fondovalle e l’abbandono progressivo del lavoro nei campi hanno portato Savogno al declino. Negli anni ‘60 e ‘70, la maggior parte degli abitanti se ne andò, lasciandosi alle spalle un paese fantasma, che però ha resistito agli assalti del tempo.

Oggi Savogno è un luogo quasi magico, dove il tempo sembra essersi fermato. Camminando tra le sue vie lastricate e i cortili silenziosi, si ha la sensazione di entrare in un’altra dimensione. Alcune case sono state ristrutturate, ma l’impronta originaria è rimasta intatta. La chiesa di San Bernardino, con affreschi antichi, è una tappa immancabile.

Come arrivare a Savogno

Raggiungere Savogno non è difficile, ma richiede un po’ di fiato: il borgo non è accessibile in auto, e per arrivarci bisogna percorrere una mulattiera di oltre 2800 gradini in pietra. Il sentiero parte dalla località Cascata dell’Acquafraggia, un luogo già di per sé spettacolare, con cascate alte oltre 170 metri che Leonardo da Vinci descrisse nei suoi appunti.

Il percorso dura circa 1 ora e mezza in salita, ma il panorama ripaga ogni sforzo: boschi di castagni, scorci sulla valle, e un’atmosfera surreale che accompagna ogni passo. È consigliabile portare acqua, scarpe da trekking e, se possibile, visitare in primavera o inizio autunno, quando i colori della natura danno il meglio.


Codera: il villaggio senza strade dove il tempo si è fermato

Se c’è un luogo che incarna davvero il concetto di “ritorno alla natura” e isolamento consapevole, quello è Codera. Situato nell’omonima valle laterale della Valchiavenna, Codera è un borgo abbandonato (o meglio, semi-abitato) che non è mai stato raggiunto da strade o automobili. Sì, hai capito bene: non ci sono strade per arrivare a Codera, né sono mai state costruite. Questo ha fatto sì che il paese mantenesse intatto il suo fascino autentico, diventando una meta perfetta per chi cerca silenzio, natura e storia.

Un luogo fuori dal tempo (letteralmente)

La Val Codera è un’area alpina ancora selvaggia, dove per secoli si è vissuto di pastorizia, scambi e agricoltura di montagna. Codera era il centro di questa microeconomia rurale: un villaggio di pietra con case addossate alla roccia, mulattiere, orti pensili, una scuola, una chiesa e diverse osterie. Il lento spopolamento è iniziato nel secondo dopoguerra, ma ancora oggi alcune famiglie resistono, vivendo qui tutto l’anno — senza auto, solo a piedi. Una scelta radicale che ha attirato anche comunità di artisti, filosofi e camminatori da tutta Europa.

Codera è diventata negli ultimi anni una meta alternativa per escursionisti, ma anche un simbolo di resilienza e rispetto per l’ambiente. I suoi edifici raccontano storie di vita dura ma comunitaria, di un mondo che resiste alla modernità sfrenata. Alcune strutture sono state riadattate come rifugi, ostelli e piccoli musei della memoria.

Come raggiungere Codera: l’escursione

Per arrivare a Codera bisogna partire da Novate Mezzola, facilmente raggiungibile in auto o in treno (linea Milano–Chiavenna). Da qui inizia la scalinata della Val Codera, una mulattiera storica con oltre 2000 gradini in pietra e tratti in salita impegnativa. Il sentiero è ben segnalato e richiede circa 2 ore e mezza di cammino.

Durante il percorso, si attraversano boschi, corsi d’acqua, e punti panoramici mozzafiato sulla Riserva Naturale Pian di Spagna. Arrivati a Codera, ci si ritrova in un piccolo mondo a parte, dove il ritmo è lento e la natura regna sovrana.

Cosa vedere a Codera

  • Il museo etnografico, con testimonianze sulla vita contadina e l’emigrazione

  • Il rifugio Osteria Alpina, perfetto per un pranzo tipico o per dormire una notte

  • Le case in pietra con tetti in piode, ancora perfettamente conservate

  • La scuola elementare, oggi spazio per attività culturali e artistiche

  • I sentieri per il Rifugio Brasca e la Val dei Ratti, per chi vuole proseguire


Borghi abbandonati

Sostila: il borgo abbandonato dove regna il silenzio

Sostila è uno di quei posti che ti restano addosso. Forse per l’atmosfera irreale che lo avvolge, forse per il fatto che è completamente disabitato da decenni, o forse per le leggende cupe che circondano questo minuscolo villaggio in pietra, arrampicato a oltre 1000 metri di altitudine e circondato da una natura potente e incontaminata.

Il borgo si trova nel comune di Pedesina, uno dei comuni meno popolati d’Italia, e per raggiungerlo bisogna camminare almeno un’ora e mezza, seguendo un sentiero che si inerpica nel bosco. Ma ogni passo è un viaggio nel tempo.

Un paese sospeso tra storia e leggenda

Sostila fu abitato fino agli anni ‘60, poi lentamente abbandonato. Le cause sono sempre le stesse: isolamento, mancanza di lavoro, strade inesistenti. Oggi resta un agglomerato di case di pietra annerite dal tempo, tetti crollati, portoni sbilenchi e finestre vuote. Ma, nonostante l’abbandono, l’intero borgo è ancora leggibile: puoi riconoscere le abitazioni, i fienili, i vicoli stretti e le scalinate. Non ci sono ristrutturazioni turistiche: qui tutto è autentico. E anche un po’ inquietante.

Secondo alcune storie locali, Sostila è considerato un luogo “malato”. Si racconta che un tempo fosse infestato dalla peste o che vi si praticassero rituali strani. Alcuni escursionisti affermano di aver provato una sensazione di disagio passeggiando tra le case vuote. Verità o suggestione? Sta a te scoprirlo. Quello che è certo è che il silenzio che avvolge il borgo è totale, interrotto solo dal vento e dal fruscio degli alberi.

Come arrivare a Sostila

Per raggiungere Sostila, si parte dal paese di Pedesina, in alta Val Gerola. Dal piccolo parcheggio in paese, si segue una vecchia mulattiera ben tracciata che sale nel bosco. Il sentiero è segnalato, ma non sempre ben mantenuto, quindi è consigliabile affrontarlo con scarpe robuste e una buona scorta d’acqua. Il tempo di percorrenza varia da 1 a 1,5 ore, a seconda del passo.

Durante il tragitto, si attraversano vecchi muretti a secco, castagneti e piccoli corsi d’acqua. All’improvviso, dopo una curva, appare il borgo, quasi nascosto nella vegetazione. La vista è suggestiva: un piccolo agglomerato grigio, silenzioso e perfettamente integrato nella montagna.

Cosa aspettarsi a Sostila

  • Totale abbandono: nessuna casa è abitata, nessun servizio disponibile.

  • Ideale per fotografi e amanti dell’urbex (esplorazione urbana).

  • Luogo perfetto per una riflessione solitaria, ma non adatto a tutti per la sua atmosfera cupa.

  • Assolutamente da evitare in caso di maltempo, il sentiero può diventare scivoloso.

  • Portare una torcia, se pensi di visitare case o cantine (con attenzione!)


Scilironi: tra arte, ruderi e rinascita culturale

Se gli altri borghi abbandonati della Valtellina raccontano storie di fuga e dimenticanza, Scilironi è un caso speciale, perché da qualche anno è tornato al centro dell’attenzione grazie a progetti artistici, culturali e di riqualificazione sostenibile. Situato nel comune di Talamona, in Bassa Valtellina, Scilironi è una piccola contrada composta da poche case in pietra abbarbicate lungo il fianco della montagna, a circa 750 metri di altitudine.

Non è un paese vero e proprio come Codera o Savogno, ma una manciata di edifici rurali, un tempo abitati da famiglie di contadini e pastori, poi via via abbandonati tra gli anni ‘50 e ‘70. Eppure, invece di lasciar marcire queste strutture, alcuni artisti e associazioni locali hanno scelto di farne un luogo vivo, trasformando la contrada in un “laboratorio a cielo aperto” dove arte e natura si incontrano.

Dal silenzio alla creatività

A Scilironi non ci sono negozi, bar o hotel, ma si respira un’energia particolare. Alcune case sono state ristrutturate in modo rispettoso, mantenendo i materiali originali, mentre altre sono state lasciate come ruderi, diventando spazi espositivi o elementi scenografici. Le vie acciottolate conducono a installazioni permanenti o temporanee, opere che dialogano con l’ambiente circostante, giocano con la luce, la pietra e la memoria.

Ogni estate, il borgo ospita eventi culturali come mostre, concerti acustici, residenze artistiche, laboratori di fotografia e scrittura. L’obiettivo? Non trasformarlo in un parco tematico o in una meta turistica di massa, ma in uno spazio di incontro tra passato e futuro, dove l’arte diventa linguaggio per parlare di abbandono, identità e paesaggio.

Come arrivare a Scilironi

Scilironi si raggiunge con una camminata breve ma ripida da Talamona, località facilmente raggiungibile in auto o con i mezzi pubblici. Il sentiero inizia poco fuori dal paese e si inoltra tra boschi e vecchie terrazze coltivate. Il percorso dura circa 40 minuti, con dislivello di circa 300 metri, ed è adatto anche a escursionisti poco esperti, purché muniti di scarpe da trekking.

Durante la salita si incontrano segni del passato rurale della zona, come muretti a secco, rustici crollati, fontane antiche. Una volta arrivati a Scilironi, si è accolti da un paesaggio silenzioso ma vivo, grazie alla presenza di artisti, volontari o visitatori consapevoli.

Cosa vedere e fare a Scilironi

  • Ammirare le installazioni artistiche permanenti e temporanee

  • Visitare la “casa delle parole”, un progetto di poesia visiva

  • Fotografare i contrasti tra natura, rovine e opere moderne

  • Partecipare a eventi e laboratori (controlla prima le date sul sito del Comune o di associazioni locali)

  • Portare con sé un libro, una macchina fotografica o semplicemente il desiderio di ascoltare il silenzio

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