Milano-Tirano come Palermo-Trapani
Una corsa contro il tempo (e contro i guasti): il caso della linea Milano–Tirano
La linea ferroviaria Milano–Tirano, affidata a Trenord, è diventata negli ultimi anni il simbolo del malcontento pendolare in Lombardia. Non si tratta solo di ritardi occasionali o di disservizi sporadici: quello che era un servizio su cui poter contare ogni giorno, è ormai diventato una vera e propria roulette ferroviaria.
Treni soppressi, guasti tecnici che si ripresentano dopo lavori di manutenzione da milioni di euro, interruzioni impreviste e pendolari stipati come su carri merci sono all’ordine del giorno. Chi si muove ogni mattina da Sondrio, Morbegno, Colico o Lecco per raggiungere Milano, lo sa bene: l’unica certezza è l’incertezza.
Dopo l’estate 2025, che ha visto la sospensione della tratta per lavori, il caos è ripartito ancora più forte. Guasti alla stazione di Colico hanno portato a ritardi di oltre 30 minuti già nelle prime ore dalla riattivazione. Invece di migliorare la situazione, i lavori sembrano averla peggiorata. Alcuni treni terminano la corsa in stazioni intermedie, altri vengono sostituiti da autobus, con tempi di percorrenza doppi o tripli.
Ma non finisce qui: il binario unico su ampi tratti della linea aggrava ogni piccolo intoppo. Se un treno si ferma, tutta la linea va in tilt. E i ritardi si accumulano, effetto domino, senza possibilità reali di recupero.
La conseguenza? Un’esperienza ferroviaria che non può essere definita “moderna”. Viaggiare sulla Milano–Tirano, oggi, è più vicino a un’odissea che a un tragitto pendolare europeo. Il tutto senza colpevolezza in termini di sicurezza, sia chiaro: il problema è l’affidabilità, l’organizzazione e la gestione dell’infrastruttura.
Palermo-Trapani via Milo
Il simbolo dell’immobilismo ferroviario siciliano
Se la Milano–Tirano rappresenta la frustrazione quotidiana, la linea Palermo–Trapani via Milo è l’esempio perfetto di stallo infrastrutturale prolungato. Qui, il problema non è che il treno arriva in ritardo. Il problema è che il treno non c’è proprio.
La tratta diretta, via Milo, è sospesa dal 2013. Undici anni. Una linea chiusa da più di un decennio, in attesa di lavori di consolidamento mai portati a termine. I motivi? Smottamenti, instabilità del terreno, degrado strutturale, e ovviamente — come sempre — ritardi nei lavori. Nel frattempo, i collegamenti tra Palermo e Trapani avvengono su un percorso alternativo, via Castelvetrano, più lungo e meno funzionale.
Nel 2025, ci si aspettava una svolta. Erano previsti interventi per ripristinare la tratta via Milo entro il 2026. E invece, nuovi slittamenti hanno posticipato tutto al 2029. Una data che, per molti cittadini siciliani, suona come una beffa. Soprattutto considerando che questa linea rappresenta un collegamento strategico per due capoluoghi di provincia e un potenziale volano per il turismo, il pendolarismo e la logistica regionale.
A oggi, il percorso ferroviario Palermo–Trapani non può considerarsi pienamente operativo. È un servizio “a metà”, zoppicante, con tratte chiuse, deviazioni, bus sostitutivi e tempistiche da dopoguerra.
Non si parla più di disagio, ma di abbandono. Il cittadino è fuori dall’equazione. Il treno, da bene pubblico, è diventato un’opzione di emergenza, buona solo quando tutto il resto è fallito.
Due linee, un unico comune denominatore: il collasso dell’affidabilità
La Milano–Tirano e la Palermo–Trapani non potrebbero essere più diverse per posizione geografica, storia, e condizioni ambientali. Eppure, oggi, condividono un destino ferroviario simile: sono esempi emblematici di cosa succede quando la gestione del trasporto ferroviario smette di funzionare.
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Sulla Milano–Tirano, i treni esistono, ma non funzionano come dovrebbero. Ritardi sistematici, guasti continui, carenza di comunicazione e mancanza di coordinamento tra gli operatori rendono ogni viaggio un atto di fede.
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Sulla Palermo–Trapani, i treni sono stati semplicemente tolti di mezzo. Per oltre dieci anni, la linea è rimasta inattiva, con promesse di rilancio mai mantenute. Il tutto mentre i fondi scorrono lenti, le gare d’appalto si incagliano e la pazienza dei cittadini viene consumata un annuncio alla volta.
In entrambi i casi, il problema non è la sicurezza, ma l’affidabilità. Non si tratta di evitare incidenti, ma di garantire un servizio minimamente stabile, puntuale, continuo. E quando questo viene a mancare, il treno perde il suo ruolo centrale nella mobilità quotidiana.
Con buona pace di chi parla di mobilità sostenibile, riduzione delle emissioni e rilancio del trasporto pubblico.





