Tassa sui pacchi – Cos’è la “nuova tassa sui piccoli pacchi”?
Negli ultimi mesi, il governo italiano ha proposto una nuova tassa di 2 euro per ogni piccolo pacco con valore dichiarato fino a 150 euro. L’intento dichiarato è di contrastare l’ondata di spedizioni low‑cost dall’estero (soprattutto dall’Asia) e di tutelare il Made in Italy e il sistema produttivo nazionale dalla concorrenza sleale online.
Contesto europeo
A livello UE, il Consiglio Ecofin ha già raggiunto un accordo per applicare un dazio fisso di circa 3 euro sui pacchi extra‑UE di valore inferiore a 150 euro a partire dal 1° luglio 2026, eliminando gradualmente l’esenzione doganale per queste spedizioni.
La proposta italiana si inserisce in questo scenario ma non è identica alla misura europea: si tratta di un contributo nazionale complementare.
Come funziona la tassa in Italia (secondo la proposta di legge in discussione)
1. Valore del contributo
2 euro per ogni spedizione con valore dichiarato fino a 150 euro.
2. A quali pacchi si applica
La norma originaria è stata pensata per i pacchi provenienti da paesi extra‑UE, con l’obiettivo di colpire le importazioni low‑cost da mercati come Cina, India o Turchia.
Tuttavia, per motivi di compatibilità con la normativa doganale europea, potrebbe essere applicata a tutte le spedizioni sotto i 150 euro, comprese quelle nazionali e intra‑UE.
3. Chi paga la tassa
La legge prevede che sia il vettore o la piattaforma di spedizione a versare i 2 euro, ma nella pratica il costo verrà quasi certamente passato al consumatore finale, aumentando il prezzo degli acquisti online.
4. Quando entrerebbe in vigore
La misura è prevista nella Legge di Bilancio 2026 e potrebbe entrare in vigore già dal 1° gennaio 2026, se il Parlamento approva gli emendamenti così come sono oggi.
Perché introdurre questa tassa?
La motivazione principale è duplice:
Aumentare le entrate pubbliche: secondo stime governative, la tassa potrebbe generare oltre 120 milioni di euro già nel 2026 e circa 245 milioni negli anni successivi.
Contrastare la concorrenza sleale: molti operatori italiani ritengono che le importazioni a basso costo da piattaforme come Shein, Temu o AliExpress sfruttino la soglia di esenzione doganale e danneggino le imprese locali.
Critiche e punti di discussione
Compatibilità con le regole UE
La competenza sui dazi doganali appartiene all’Unione Europea, quindi uno Stato membro non può introdurre tasse che funzionano come veri dazi discriminando merci extra‑UE. Per questo motivo, la proposta italiana è stata formulata come “contributo di gestione amministrativa” e potrebbe applicarsi a tutti i pacchi sotto i 150 euro, non solo a quelli extra‑UE.
Impatto reale sui consumatori
Anche se la tassa è formalmente pagata dalle aziende di spedizione, il costo ricadrà spesso sugli acquirenti, rendendo più costosi gli acquisti online sotto i 150 euro.
Rischi per l’e‑commerce italiano
Applichi una tassa su tutte le micro‑spedizioni significa colpire anche gli operatori nazionali o europei, non solo quelli stranieri. Questo potrebbe penalizzare alcune imprese italiane e compressare il mercato interno.
Le differenze chiave tra Italia ed Europa
In Italia – Tassa di 2 euro per pacchi fino a 150 euro prevista dalla Legge di Bilancio 2026, con dibattito in Parlamento.
In Europa – Dazio fisso di 3 euro per pacchi extra‑UE sotto 150 euro deciso dal Consiglio Ecofin, a partire dal 1° luglio 2026.
In pratica, l’Italia potrebbe applicare una tassa nazionale mentre l’UE introdurrà un dazio doganale uniforme per tutti i paesi membri. La combinazione delle due misure potrebbe avere effetti cumulativi sui costi di importazione.
Tassa sui pacchi
La nuova tassa sui piccoli pacchi mira a tassare ogni spedizione sotto i 150 euro con un contributo di 2 euro.
È pensata per contrastare l’e‑commerce low‑cost dall’estero e tutelare il mercato nazionale.
Potrebbe essere applicata a tutte le spedizioni, non solo a quelle extra‑UE, per motivi di diritto UE.
La misura è in discussione e non è ancora definitiva: potrebbe subire modifiche prima dell’approvazione finale.
