Falck Novate Mezzola
Discarica del Giumello
La nota del sindaco di Novate Mezzola Fausto Nonini.
𝐂𝐀𝐒𝐎 𝐄𝐗 𝐅𝐀𝐋𝐂𝐊 𝟏𝟗 𝐌𝐀𝐑𝐙𝐎 𝟐𝟎𝟐𝟓, 𝐌𝐎𝐃𝐈𝐅𝐈𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐋 𝐂𝐀𝐏𝐎 𝐃𝐈 𝐈𝐌𝐏𝐔𝐓𝐀𝐙𝐈𝐎𝐍𝐄 𝐄 𝐂𝐎𝐍𝐓𝐄𝐒𝐓𝐀𝐙𝐈𝐎𝐍𝐈 𝐃𝐄𝐋 𝐂𝐎𝐌𝐔𝐍𝐄 𝐃𝐈 𝐍𝐎𝐕𝐀𝐓𝐄 𝐌𝐄𝐙𝐙𝐎𝐋𝐀
Mercoledì 19 marzo 2025 presso il tribunale di Sondrio si è tenuta l’udienza per il processo penale legato alla mancata bonifica della nota area ex Falck e della discarica del Giumello, il Comune di Novate Mezzola ha depositato le proprie memorie e conclusioni sulla base dei numerosi documenti ad oggi disponibili ampiamente approfonditi dai CTU del pubblico ministero.
Il PM, nell’udienza di ieri, dimostrando una particolare attenzione e dedizione alla tematica ha comunicato di ritenere indispensabile modificare i capi di imputazione, introducendo importanti valutazioni e considerazioni alla luce di quanto emerso nel corso di questo lungo procedimento.
Il capo di imputazione inizialmente affermava che “𝑖𝑛 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑖𝑛𝑞𝑢𝑖𝑛𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑙 𝑠𝑢𝑜𝑙𝑜 𝑒 𝑛𝑒𝑙 𝑠𝑜𝑡𝑡𝑜𝑠𝑢𝑜𝑙𝑜 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑑𝑖𝑠𝑐𝑎𝑟𝑖𝑐𝑎 𝑒 𝑎𝑟𝑒𝑎 𝑒𝑥 𝐹𝑎𝑙𝑐𝑘 𝑐𝑜𝑛 𝑖𝑙 𝑠𝑢𝑝𝑒𝑟𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑠𝑜𝑔𝑙𝑖𝑒 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑠𝑐ℎ𝑖𝑜, 𝑝𝑢𝑟 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑜𝑏𝑏𝑙𝑖𝑔𝑎𝑡𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑙𝑒𝑔𝑔𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑟𝑜𝑣𝑣𝑒𝑑𝑒𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑏𝑜𝑛𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎.”
A seguito della modifica, il capo di imputazione ora si concentra sulle dichiarazioni contenute nell’attestazione del 28/02/2005.
In particolare, si contesta che nella rideterminazione della fideiussione si dichiarasse che “𝑔𝑙𝑖 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑒𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑎𝑡𝑖 𝑠𝑒𝑐𝑜𝑛𝑑𝑜 𝑖𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑔𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑎𝑝𝑝𝑟𝑜𝑣𝑎𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑙 2001 𝑒𝑑 𝑒𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖 𝑢𝑙𝑡𝑖𝑚𝑎𝑡𝑖” mentre le barriere idrauliche non erano state realizzate come da progetto.
Un’ulteriore modifica riguarda il certificato di avvenuta bonifica: mentre in precedenza si contestava genericamente che gli interventi non erano stati eseguiti “𝑖𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑓𝑜𝑟𝑚𝑖𝑡𝑎̀ 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑙𝑒𝑔𝑔𝑒”, ora si contesta che “𝑔𝑙𝑖 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑝𝑟𝑖𝑠𝑡𝑖𝑛𝑜 𝑒𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖 𝑒𝑠𝑒𝑔𝑢𝑖𝑡𝑖 𝑖𝑛 𝑚𝑜𝑑𝑜 𝑐𝑜𝑛𝑓𝑜𝑟𝑚𝑒 𝑎𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑔𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑎𝑝𝑝𝑟𝑜𝑣𝑎𝑡𝑜.” Viene inoltre contestato che “𝑖 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑎𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑖 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑖𝑜𝑛𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑠𝑖 𝑏𝑎𝑠𝑎𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑠𝑢 𝑚𝑜𝑛𝑖𝑡𝑜𝑟𝑎𝑔𝑔𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑓𝑜𝑟𝑚𝑖 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑎𝑙 𝑝𝑖𝑎𝑛𝑜 𝑎𝑝𝑝𝑟𝑜𝑣𝑎𝑡𝑜” e che “𝑙𝑒 𝑟𝑒𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑎𝑔𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑚𝑜𝑛𝑖𝑡𝑜𝑟𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜 𝑣𝑒𝑛𝑖𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑠𝑜𝑡𝑡𝑜𝑠𝑐𝑟𝑖𝑡𝑡𝑒 𝑒𝑠𝑝𝑜𝑛𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑎𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑖 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑖𝑜𝑛𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑛𝑜𝑛𝑜𝑠𝑡𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑐𝑖 𝑠𝑖 𝑏𝑎𝑠𝑎𝑠𝑠𝑒 𝑠𝑢 𝑚𝑜𝑛𝑖𝑡𝑜𝑟𝑎𝑔𝑔𝑖 𝑖𝑛𝑐𝑜𝑚𝑝𝑙𝑒𝑡𝑖 𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑓𝑜𝑟𝑚𝑖 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑎𝑙 𝑝𝑖𝑎𝑛𝑜 𝑎𝑝𝑝𝑟𝑜𝑣𝑎𝑡𝑜.”
Infine, la definizione della permanenza dell’inquinamento è stata aggiornata: mentre il capo di imputazione precedente faceva riferimento ad un “𝑖𝑛𝑞𝑢𝑖𝑛𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑝𝑒𝑟𝑚𝑎𝑛𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑎𝑙 26 𝑙𝑢𝑔𝑙𝑖𝑜 2018”, ora viene indicato come “𝑖𝑛𝑞𝑢𝑖𝑛𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜𝑟𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑚𝑎𝑛𝑒𝑛𝑡𝑒”, segnalando che la situazione non è stata risolta.
Pertanto l’udienza è rinviata al 4 giugno 2025.
Tornando agli atti da noi depositati, il Comune contesta le modalità con le quali è stato portato avanti il procedimento di bonifica sia dal punto amministrativo che nei fatti, bonifica che non è stata eseguita.
Come già rappresentato, sulle aree in questione nei primi anni 2000 era stato avviato un procedimento di bonifica mediante messa in sicurezza, la relazione di fine lavori pervenuta nel 2003 definiva conclusi i lavori come da progetto approvato, tuttavia, a distanza di pochi giorni sarebbe giunta la proroga da parte di Regione Lombardia per ulteriori 6 mesi per l’esecuzione delle barriere idrauliche, ad oggi mai realizzate.
Si contesta inoltre che la certificazione di avvenuta bonifica sia pervenuta solo nel 2015 a fronte dei lavori “ultimati” nel 2003, a distanza di oltre 12 anni dai lavori e il motivo è chiaro, gli obbiettivi di bonifica prevedevano il non superamento di una concentrazione di cromo esavalente pari a 30 microgrammi/litro per un periodo di almeno un anno consecutivo, su questo tema va chiarito che il limite massimo previsto dalla legge per la concentrazione di cromo esavalente nelle acque è di 5 microgrammi/litro, quindi anche la definizione del limite 6 volte superiore a quanto previsto dalla normativa è oggettivamente in contrasto con essa.
Lascia estremamente perplessi che in oltre 11 anni dai lavori di “bonifica” eseguiti, non è stato possibile certificare alcunché, i limiti di cromo esavalente seppur aumentati arbitrariamente di oltre 6 volte rispetto ai valori di legge non rientravano comunque nei parametri, solamente nel 2015 per motivazioni probabilmente legate a fattori ambientali o di campionamento, i valori di Cr VI riscontrati dalla campagna di monitoraggio ARPA risultavano inferiori ai 30 microgrammi/litro, ma non sicuramente inferiori ai 5 previsti dalla legge.
𝐄𝐝 𝐞̀ 𝐜𝐨𝐬𝐢̀ 𝐜𝐡𝐞 𝐡𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐝𝐢𝐜𝐡𝐢𝐚𝐫𝐚𝐭𝐨 𝐛𝐨𝐧𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚𝐭𝐞 𝐭𝐚𝐥𝐢 𝐚𝐫𝐞𝐞
Ma c’è di più, le campagne di monitoraggio condotte in seguito agli interventi di “bonifica” Venivano effettuate mediante dei prelievi di acqua direttamente da una rete di piezometri (dei fori eseguiti perpendicolarmente nel terreno per una lunghezza di 15/20 m circa che consentono di acquisire campioni di acqua nei vari livelli della falda, sempre nello stesso punto ,in modo da poterli confrontare nel tempo) la rete di monitoraggio per essere quanto più comparabile non deve subire variazioni sostanziali nel tempo, ebbene in questo caso si è vista una particolarità, la rete di monitoraggio è cambiata nel tempo e senza alcuna motivazione tecnica, alcuni piezometri infatti sono stati abbandonati, casualmente proprio quelli che restituivano i valori di concentrazione di cromo più elevati, certamente oltre i 5 microgrammi/litro previsti dalla legge e spesso anche superiori ai 30 microgrammi/litro stabiliti dal gruppo di lavoro per gli interventi di bonifica.
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Nel 2016 e 2017 in seguito all’apertura del procedimento penale avviato unicamente sulla base di esposti promossi da cittadini e associazioni il CTU incaricato dal tribunale eseguiva delle nuove campagne di monitoraggio e verifica sempre nei piezometri rilevava nuovamente la presenza di Cr VI nelle acque.
Le contestazioni proseguono e il lavoro condotto in previsione della scorsa udienza e negli scorsi mesi ha consentito di ricostruire in maniera dettagliata la situazione e le dinamiche che hanno portato al compimento di questo disastro che ormai segna in maniera indelebile intere famiglie e il territorio.