Falck Novate Mezzola
Discarica del Giumello
La nota del sindaco di Novate Mezzola Fausto Nonini.
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Mercoledì 19 marzo 2025 presso il tribunale di Sondrio si è tenuta l’udienza per il processo penale legato alla mancata bonifica della nota area ex Falck e della discarica del Giumello, il Comune di Novate Mezzola ha depositato le proprie memorie e conclusioni sulla base dei numerosi documenti ad oggi disponibili ampiamente approfonditi dai CTU del pubblico ministero.
Il PM, nell’udienza di ieri, dimostrando una particolare attenzione e dedizione alla tematica ha comunicato di ritenere indispensabile modificare i capi di imputazione, introducendo importanti valutazioni e considerazioni alla luce di quanto emerso nel corso di questo lungo procedimento.
Il capo di imputazione inizialmente affermava che “ ℎ , .”
A seguito della modifica, il capo di imputazione ora si concentra sulle dichiarazioni contenute nell’attestazione del 28/02/2005.
In particolare, si contesta che nella rideterminazione della fideiussione si dichiarasse che “ 2001 ” mentre le barriere idrauliche non erano state realizzate come da progetto.
Un’ulteriore modifica riguarda il certificato di avvenuta bonifica: mentre in precedenza si contestava genericamente che gli interventi non erano stati eseguiti “ ̀ ”, ora si contesta che “ .” Viene inoltre contestato che “ ” e che “ .”
Infine, la definizione della permanenza dell’inquinamento è stata aggiornata: mentre il capo di imputazione precedente faceva riferimento ad un “ 26 2018”, ora viene indicato come “ ”, segnalando che la situazione non è stata risolta.
Pertanto l’udienza è rinviata al 4 giugno 2025.
Tornando agli atti da noi depositati, il Comune contesta le modalità con le quali è stato portato avanti il procedimento di bonifica sia dal punto amministrativo che nei fatti, bonifica che non è stata eseguita.
Come già rappresentato, sulle aree in questione nei primi anni 2000 era stato avviato un procedimento di bonifica mediante messa in sicurezza, la relazione di fine lavori pervenuta nel 2003 definiva conclusi i lavori come da progetto approvato, tuttavia, a distanza di pochi giorni sarebbe giunta la proroga da parte di Regione Lombardia per ulteriori 6 mesi per l’esecuzione delle barriere idrauliche, ad oggi mai realizzate.
Si contesta inoltre che la certificazione di avvenuta bonifica sia pervenuta solo nel 2015 a fronte dei lavori “ultimati” nel 2003, a distanza di oltre 12 anni dai lavori e il motivo è chiaro, gli obbiettivi di bonifica prevedevano il non superamento di una concentrazione di cromo esavalente pari a 30 microgrammi/litro per un periodo di almeno un anno consecutivo, su questo tema va chiarito che il limite massimo previsto dalla legge per la concentrazione di cromo esavalente nelle acque è di 5 microgrammi/litro, quindi anche la definizione del limite 6 volte superiore a quanto previsto dalla normativa è oggettivamente in contrasto con essa.
Lascia estremamente perplessi che in oltre 11 anni dai lavori di “bonifica” eseguiti, non è stato possibile certificare alcunché, i limiti di cromo esavalente seppur aumentati arbitrariamente di oltre 6 volte rispetto ai valori di legge non rientravano comunque nei parametri, solamente nel 2015 per motivazioni probabilmente legate a fattori ambientali o di campionamento, i valori di Cr VI riscontrati dalla campagna di monitoraggio ARPA risultavano inferiori ai 30 microgrammi/litro, ma non sicuramente inferiori ai 5 previsti dalla legge.
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Ma c’è di più, le campagne di monitoraggio condotte in seguito agli interventi di “bonifica” Venivano effettuate mediante dei prelievi di acqua direttamente da una rete di piezometri (dei fori eseguiti perpendicolarmente nel terreno per una lunghezza di 15/20 m circa che consentono di acquisire campioni di acqua nei vari livelli della falda, sempre nello stesso punto ,in modo da poterli confrontare nel tempo) la rete di monitoraggio per essere quanto più comparabile non deve subire variazioni sostanziali nel tempo, ebbene in questo caso si è vista una particolarità, la rete di monitoraggio è cambiata nel tempo e senza alcuna motivazione tecnica, alcuni piezometri infatti sono stati abbandonati, casualmente proprio quelli che restituivano i valori di concentrazione di cromo più elevati, certamente oltre i 5 microgrammi/litro previsti dalla legge e spesso anche superiori ai 30 microgrammi/litro stabiliti dal gruppo di lavoro per gli interventi di bonifica.
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Nel 2016 e 2017 in seguito all’apertura del procedimento penale avviato unicamente sulla base di esposti promossi da cittadini e associazioni il CTU incaricato dal tribunale eseguiva delle nuove campagne di monitoraggio e verifica sempre nei piezometri rilevava nuovamente la presenza di Cr VI nelle acque.
Le contestazioni proseguono e il lavoro condotto in previsione della scorsa udienza e negli scorsi mesi ha consentito di ricostruire in maniera dettagliata la situazione e le dinamiche che hanno portato al compimento di questo disastro che ormai segna in maniera indelebile intere famiglie e il territorio.



