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La fine del contrabbando in Valtellina

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Storia e fine del contrabbando in Valtellina nel secolo scorso


La Valtellina, una valle alpina situata nella provincia di Sondrio, in Lombardia, è stata per lungo tempo un luogo strategico per il contrabbando, soprattutto nel secolo scorso.

La sua posizione geografica, al confine con la Svizzera, ha reso questa valle un punto di passaggio ideale per il traffico illegale di merci.

Durante il XX secolo, il contrabbando in Valtellina ha conosciuto un’epoca di intensa attività, per poi gradualmente diminuire e, infine, quasi scomparire.

Le radici storiche del contrabbando

Il contrabbando in Valtellina ha origini antiche.

Già nei secoli precedenti, i valichi alpini erano utilizzati per il trasporto illegale di beni tra Italia e Svizzera.

Tuttavia, è nel XX secolo che il fenomeno assume proporzioni rilevanti.

Durante i periodi di guerra e di crisi economica, la necessità di beni di prima necessità e di generi di lusso, difficili da reperire legalmente, spinse molte persone a diventare contrabbandieri.

Negli anni ’30 e ’40 del Novecento, il regime fascista e la conseguente autarchia economica aumentarono la domanda di beni stranieri, in particolare di prodotti alimentari, tabacco e alcool.

I contrabbandieri, spesso chiamati “spalloni”, attraversavano le montagne portando sulle spalle pesanti sacchi carichi di merci illegali.

Il boom del dopoguerra

Il periodo del secondo dopoguerra fu particolarmente florido per il contrabbando in Valtellina.

La ricostruzione post-bellica e la ripresa economica portarono a un aumento del benessere e, con esso, della domanda di prodotti stranieri.

La Valtellina divenne un crocevia per il traffico di sigarette, alcool e, successivamente, anche di elettronica e abbigliamento.

I contrabbandieri utilizzavano sentieri impervi e difficilmente controllabili dalle autorità.

Spesso, la popolazione locale vedeva nel contrabbando una sorta di rivalsa contro le difficoltà economiche e le rigide normative doganali.

Le storie di questi “eroi locali” si intrecciano con quelle di numerose famiglie valtellinesi, creando una sorta di mito attorno alla figura del contrabbandiere.


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La fine del contrabbando in Valtellina

La fine del contrabbando in Valtellina è un processo lento e graduale che inizia negli anni ’70.

La maggiore integrazione europea e la progressiva liberalizzazione del commercio ridussero significativamente la convenienza del contrabbando.

Inoltre, il miglioramento delle tecnologie di controllo doganale e l’aumento delle operazioni delle forze dell’ordine portarono a una diminuzione delle attività illegali.

Negli anni ’80 e ’90, la globalizzazione e la creazione del mercato unico europeo segnarono un ulteriore colpo al contrabbando.

I prezzi dei beni contrabbandati diventavano sempre meno competitivi rispetto a quelli legali, riducendo così il margine di profitto per i contrabbandieri.

Un altro fattore determinante fu la crescita economica della regione, che offrì nuove opportunità lavorative legali, diminuendo l’attrattiva del contrabbando.

Il turismo e lo sviluppo delle infrastrutture contribuirono a cambiare il volto della Valtellina, trasformandola da terra di contrabbandieri a destinazione turistica e agricola di eccellenza.

Contrabbando in Valtellina

La storia del contrabbando in Valtellina è un capitolo affascinante del XX secolo, che riflette le dinamiche economiche e sociali di un’epoca.

Oggi, i sentieri una volta percorsi dai contrabbandieri sono diventati itinerari turistici, e le storie degli “spalloni” sono raccontate nei musei locali, come testimonianza di un passato ormai lontano.

La fine del contrabbando ha segnato l’inizio di una nuova era per la Valtellina, che continua a prosperare grazie alle sue bellezze naturali e alla sua ricca tradizione culturale.

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