Troviamo spesso scritte come “pane caldo” , “pane appena sfornato” , “sforniamo pane tutto il giorno”, ma non “pane fresco”.
Il perché è facilmente spiegato. La legge vieta espressamente di chiamare fresco un pane che sia stato conservato, congelato o anche solamente completato nella cottura al momento della vendita. Soprattutto è giusto sapere che il pane fresco del panettiere e il pane sfornato sotto gli occhi del cliente non sono la stessa cosa. Libertà di scelta e di informazione sono alla base di una società civile.
I passaggi salienti della norma
È denominato «fresco» il pane preparato secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento o surgelazione, ad eccezione del rallentamento del processo di lievitazione, privo di additivi conservanti e di altri trattamenti aventi effetto conservante. Analogamente, il provvedimento riserva la denominazione di “panificio” alla sola “impresa che dispone di impianti di produzione di pane ed eventualmente altri prodotti da forno e assimilati o affini e svolge l’intero ciclo di produzione dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale.” Infine, e altrettanto importante, per il pane posto in vendita dopo conservazione, l’obbligo di porlo in vendita con una dicitura aggiuntiva che ne evidenzi il metodo di conservazione utilizzato (ad esempio congelato, precotto surgelato, in atmosfera modificata) nonché, “Al momento della vendita, il pane per il quale è utilizzato un metodo di conservazione durante la sua preparazione o nell’arco del processo produttivo (ed è il caso più comune, quello del pane precotto che viene solo completato nella cottura sul punto vendita), deve essere esposto in scomparti appositamente riservati.
News su Telegram o WhatsApp