25 Aprile 2024 00:17

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Offese e insulti sui social: cosa si rischia

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La Corte di Cassazione nella sentenza n.10762/2022 ha statuito un importante principio in tema di diffamazione mezzo social secondo cui ai fini del reato non è necessario che sia indicato chiaramente il nome della persona offesa, essendo sufficiente l’indicazione di elementi personali o temporali della fattispecie per l’individuazione del soggetto offeso.

In tal senso, post denigratori che fanno riferimento ad elementi fisici quali colore della pelle, altezza, peso ecc. o ad elementi chiaramente riconducibili ad un soggetto determinato, possono integrare il reato di diffamazione aggravata.

Cosa rischiamo se insultiamo qualcuno su internet?
La diffamazione aggravata perché l’utilizzo di un mezzo di comunicazione pubblico richiede l’applicazione di una pena superiore all’ordinaria.
L’illecito penale scatta quando l’insulto su internet è postato su una pagina web visibile da almeno due persone.

Le sanzioni previste sono la reclusione da sei mesi a tre anni oppure una multa di almeno 516 €. Se chi ha offeso è incensurato può ottenere il minimo della pena ed evitare il carcere pagando la multa.
Se dopo l’insulto il post viene cancellato si può chiedere l’archiviazione del procedimento penale senza sanzioni, ma la fedina penale rimane macchiata e resta la responsabilità civile ai fini del risarcimento. Questo nel caso che il comportamento non ha prodotto gravi danni e non è stato ripetuto.

Se veniamo insultati o offesi in interne possiamo citare chi ci ha offeso in giudizio civile e richiedere i danni d’immagine e reputazione, che andranno dimostrati e che dipenderanno anche dal tempo in cui l’offesa è rimasta online. Dimostrando che la nostra vita di relazioni ha subito grave pregiudizio.

Capire quali e quando le parole scritte o ricevute possono far scattare la diffamazione non è semplice e va giudicato caso per caso. Di certo è importante capire se esisteva l’intenzione di offendere. La giurisprudenza elenca numerosi casi, anche contrastanti tra loro.
Importante però ricordare che il destinatario di un insulto che risponde con un’altra offesa non è diffamazione in quanto il Codice penale la considera reazione dettata da stato d’ira.

Se siamo le vittime e vogliamo tutelarci dobbiamo procurarci le prove (ad esempio uno screenshot, meglio se a farlo sono due persone, in modo che possa esserci un testimone) e querelare il diffamante ai Carabinieri o alla Polizia postale. Successivamente rivolgersi a un legale per presentare la costituzione di parte civile nel processo penale al fine di chiedere il risarcimento danni.

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