Sanatori Valtellina
La Valtellina, incastonata fra le Alpi, è celebre per paesaggi mozzafiato, vini, terme, montagne e cultura alpina. Ma c’è un lato meno visibile, segnato dal tempo e dall’abbandono: quello dei sanatori costruiti per la tubercolosi, oggi in decadenza, arroccati sui pendii, circondati da boschi, a volte ormai inglobati nella vegetazione. Queste strutture raccontano di un’epoca in cui la malattia respiratoria terrorizzava, quando l’unico rimedio era isolamento, aria pura, sole, cure lente. Imponenti, spesso grandiose, ora sono testimoni muti di una storia sanitaria, sociale, architettonica che rischia di essere dimenticata.
I sanatori più noti in Valtellina
Sanatorio di Prasomaso (Tresivio, provincia di Sondrio)
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Localizzazione e struttura: situato a circa 1.100‑1.250 metri sul livello del mare sopra Tresivio.
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Origini: il primo sanatorio fu l’“Umberto I”, costruito nei primi anni del ‘900 per curare la tubercolosi. Progettato dagli architetti Diego Brioschi e Giovanni Giachi.
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Funzionamento: era dotato di padiglioni, verande per l’elioterapia, strutture di servizio, chiesa, teatro. Aperto nel 1910, ampliato negli anni ’20, ospitava anche bambini.
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Chiusura e abbandono: operò fino agli anni ’70; la chiusura definitiva risale al 1977. Da allora il degrado ha preso il sopravvento: vetri rotti, manutenzione quasi nulla, natura che invade.
Villaggio Sanatoriale / Sanatorio Eugenio Morelli (Sondalo)
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È un’altra importante struttura sanitaria storica in Valtellina. Alcune parti risultano ancora operative, ma alcune sezioni sono semi abbandonate e degradate, con strutture non più pienamente utilizzate.
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Ha avuto un ruolo significativo nella cura delle patologie polmonari, particolarmente della tubercolosi.
Perché sono stati costruiti, perché sono decaduti
Le cause della nascita
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Prima dell’avvento degli antibiotici efficaci, la tubercolosi era una malattia gravissima che spesso richiedeva lunghi soggiorni in sanatorio. Aria pulita, esposizione al sole, riposo erano le principali terapie. Prasomaso nasce in questo contesto.
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Venivano scelte località elevate, con clima freddo, ventilazione, panorami aperti verso sud: condizioni che si pensava fossero utili per le malattie respiratorie.
Le cause del declino
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Evoluzione della medicina: con i progressi terapeutici, la tubercolosi diventa curabile con cure farmacologiche, non è più necessario ricovero prolungato in sanatorio.
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Costi di manutenzione elevati, difficoltà di gestione, isolamento delle strutture.
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Cambiamenti sociali: spopolamento delle zone montane, minori risorse, minore volontà di investire in edifici grandi, infrastrutture difficili da mantenere.
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Deterioramento causato da condizioni climatiche, erosione, neve, pioggia, gelo; oltre al fatto che alcune parti sono state abbandonate da anni, lasciate all’incuria.
Stato attuale: cosa resta?
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Prasomaso è ormai immerso nella vegetazione, molte sue verande sono distrutte, vetri rotti, ambienti vuoti. Rimangono tracce evidenti della sua grandezza, ma anche dei danni dovuti al tempo.
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Morelli (Sondalo) ha alcune parti degradate ma non completamente abbandonate. Molte funzioni sanitarie sono ancora attive, ma sono nati movimenti popolari in sua difesa a causa della situazione di crisi che attraversa da anni
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Il degrado strutturale: muri lesionati, tetti che cedono, infiltrazioni d’acqua, vegetazione che penetra, danni di natura meccanica e ambientale.
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Accessi difficili, sicurezza compromessa. In molti casi entrare è pericoloso e non autorizzato.
Il fascino, le storie, le leggende
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Questi luoghi attirano chi ama l’urbex (esplorazione urbana), la fotografia, chi cerca atmosfere sospese, luoghi dove il tempo sembra fermo.
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Le storie personali: degenti, bambini, medici, infermieri che hanno vissuto periodi difficili ma anche momenti di umanità intensa. Nel caso di Prasomaso ci sono testimonianze vivide di persone che hanno passato lì mesi o anni, tra amici, isolamento, aspettative e speranza.
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Leggende locali, l’immaginario che cresce attorno al “luogo abbandonato”, alle voci che lo accompagnano, al fascino della rovina.
Rischi e dilemmi morali-legali
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Sicurezza: strutture pericolanti, rischio di crolli, presenza di amianto o materiali pericolosi.
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Proprietà e diritti: molti sanatori sono su terreni o edifici di proprietà pubblica o privata; entrare senza permesso può essere illegale.
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Conservazione vs restauro vs abbandono: il costo del recupero è spesso elevato; chi dovrebbe intervenire (enti locali, privati, Stato)? Quale uso dare a queste strutture: musei, centri culturali, turismo sanitario, ricettività?
Possibilità di recupero
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Alcune idee già emerse nei dibattiti locali: riconvertire i ruderi in musei della memoria sanitaria, centri benessere, strutture turistico‑ricettive, spazi culturali.
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Importanza di progetti che preservino l’identità storica e architettonica, piuttosto che demolire o trasformare in modo che cancelli la memoria.
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Collaborazioni locali, fondi pubblici e privati, turismo sostenibile possono giocare un ruolo chiave.
I sanatori abbandonati in Valtellina sono molto più che semplici ruderi: sono memoria viva, luoghi in cui si riflettono la storia delle malattie, degli affetti, dell’architettura sanitaria, dei cambiamenti sociali. Sebbene oggi molti siano in uno stato di decadenza avanzata, offrono uno straordinario potenziale come beni culturali, come luoghi di narrazione e riflessione, se valorizzati con rispetto, competenza e visione.









