Luoghi paurosi Valtellina
Borghi abbandonati: Savogno e Codera
Due dei luoghi che evocano subito atmosfere cupe sono i borghi abbandonati — strutture consunte, vicoli deserti, silenzio interrotto solo dal vento o dal rumore della pietra che si sgretola. In Valtellina ci sono almeno Savogno e Codera che rientrano in questa categoria.
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Savogno, isolato, quasi sospeso nel tempo, evoca la solitudine più cupa: case di pietra, tetti in rovina, finestre vuote, silenzio che pare ascoltare.
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Codera è ancora più remota: non è raggiungibile con strada carrozzabile, si arriva solo a piedi tramite sentieri antichi. Il mistero qui non è solo nell’abbandono, ma nelle storie che circolano — per esempio si dicono che l’anima di un brigante malvagio, Valfubia, giri per le case e le sue ombre si trasformino, ogni notte.
Visitare questi luoghi al tramonto o nelle ore crepuscolari può essere suggestivo… e anche un po’ spaventoso, se uno è sensibile agli spiriti delle storie.
Leggende di creature oscure: il Gigiat e l’Homo Salvàdego
Non solo case abbandonate: le montagne e i boschi valtellinesi sono popolati da creature leggendarie che suscitano timore.
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Il Gigiat della Val Masino: un essere metà stambecco, metà caprone, con corna sproporzionate, corpo peloso, zampe “umane” davanti… e un odore pungente di capra selvaggia. Si dice che vegli sui monti più impervi, e che qualche rifugista, nelle notti nebbiose, abbia avuto incontri con la sua ombra.
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L’Homo Salvàdego, una creatura che sta a metà fra l’uomo e l’animale, incarna tensioni antiche fra natura selvaggia e cultura umana. Indica anche la paura – e la fascinazione – per ciò che sfugge al controllo umano.
Creature come queste rendono anche i boschi, le alpi, i passi montani luoghi dove il confine col misterioso è labile.
Le streghe e i sabba nella Bassa Valtellina
Le leggende delle streghe sono forse fra le più inquietanti: donne accusate di malefici, riunioni diaboliche nelle notti, poteri magici, incendi rituali.
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In Val Gerola e nella bassa Valtellina esistono racconti sulle streghe del Bitto, che organizzavano sabba nella zona della radura detta Acqua di Cofana (o Cufana), nei pressi del monte Pitalone. Nelle notti di luna calante, si dice, si riunivano lì, con fuochi, travestimenti, incantesimi.
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In Valdidentro, la leggenda del Sass de Scegn è particolarmente cupa: nel 1505 una zingara venne gettata dalla roccia e i suoi compagni furono inghiottiti da un baratro formato da una spaccatura che ancora oggi si vede. Si racconta che nelle notti di luna piena si sentono ancora urla straniere che riecheggiano nella roccia.
Queste storie spesso riflettono paure antiche: di ciò che la natura può imporre, di invasori o stranieri, di poteri che non si capiscono e non si possono controllare.
Fantasmi, anime erranti e case maledette
Ci sono luoghi che la legge non codifica, ma che la memoria popolare tiene vivi con le sue storie di inquietudine.
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Nel territorio di Morbegno, si narrano fantasmi legati a mulattiere, vicoli e antichi edifici. Per esempio, vicino al ponte sul Bitto, c’è la mulattiera che sale da Val Gerola: chi passa la notte vicino può incrociare presenze che non si spiegano.
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Le “case maledette” attorno a Chiuro e dintorni: edifici con mura antiche, storie di anime in pena, segreti nascosti che nessuno osa raccontare.
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A Bormio, una leggenda parla della “Dama Bianca”: una nobildonna il cui fantasma appare nei sotterranei di una casa antica, portando sventura o mistero; alcune versioni dicono che tenga in mano pergamene su cui sarebbe scritto un tesoro, altri che sia un avvertimento per chi trasgredisce certi valori.
Luoghi naturali: montagne, rocce, passi che incutono timore
Non sono solo le case o i borghi a evocare paura: la natura stessa può diventare spaventosa.
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Passi alpini isolati, sentieri in boschi oscuri, alpeggi abbandonati che dopo la stagione estiva restano deserti, dominati dal silenzio. Nella Valle Spluga, per esempio, si parla di spiriti, di diavoli, di anime erranti nei luoghi che erano alpeggi frequentati solo in estate, e che durante l’inverno diventano dominio dell’ignoto.
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Massi erratici che appaiono come forme innaturali, rocce antropomorfe o con incisioni o fenomeni naturali che generano ombre che sembrano figure. Più volte si dice che certe sagome rocciose fungano da “testimoni” delle storie oscure. Un esempio è il Sas da l’öof sul sentiero fra Nogaredo e Piazza Caprara nel comune di Samolaco: secondo la leggenda alcuni massi come questo sono uova pietrificate di draghi.
Perché questi luoghi incutono paura?
Al di là del folklore, ci sono alcuni elementi che rendono certi posti davvero “paurosi” nei cuori delle persone:
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Isolamento: la solitudine amplifica i suoni, l’immaginazione, le sensazioni. Un borgo abbandonato o un rifugio remoto al tramonto spaventa più di una casa piena.
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Ambiente ostile: montagna, bosco, nebbia, vento, suoni naturali che si gonfiano nel silenzio.
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Storia tragica: morti, violenze antiche, testimonianze materiali che rimangono (case rovinate, rovine, incavi nella roccia).
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Credenze popolari, rituali: le leggende si trasmettono oralmente, e mescolano elementi soprannaturali con la vita quotidiana, rendendo il confine fra realtà e mito sottile.
Come “visitare” questi luoghi con rispetto (e un pizzico di brivido)
Se vuoi fare un itinerario misterioso nella Valtellina, ecco qualche suggerimento:
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Porta una torcia potente, perché molti di questi posti diventano molto cupi col tramonto o al crepuscolo.
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Informati prima se il luogo è accessibile (alcuni borghi abbandonati sono raggiungibili solo a piedi).
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Evita di andarci da solo/a, soprattutto la sera. È più suggestivo se condividi la paura.
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Rispettare la natura e le proprietà private: molti luoghi sono privati o in stati di degrado, serve prudenza.
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Se possibile, fai da guida locale che conosce le leggende: queste storie decollano meglio se accompagnate da chi le ha sentite raccontare, e rendono l’esperienza molto più intensa.









