Deroghe Case green
Cos’è la Direttiva Case Green UE e cosa prevede
La Direttiva “Case Green” UE, formalmente conosciuta come EPBD (Energy Performance of Buildings Directive), è uno dei tasselli fondamentali del piano europeo per il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Approvata in via definitiva nel 2024, ha sollevato non poche preoccupazioni nel settore immobiliare, soprattutto in Italia, dove il patrimonio edilizio è spesso obsoleto e energivoro.
Secondo le nuove regole, tutti gli edifici residenziali dovranno raggiungere:
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Classe energetica E entro il 2030
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Classe energetica D entro il 2033
Per gli edifici pubblici e non residenziali, le scadenze sono ancora più stringenti, a partire dal 2028. L’obiettivo è quello di ridurre drasticamente i consumi energetici, limitare le emissioni di CO₂ e incentivare le ristrutturazioni profonde.
Ma la direttiva non si applica indistintamente a tutti. Ed è qui che entrano in gioco le deroghe, che rappresentano un punto cruciale per molti cittadini e proprietari immobiliari.
Deroghe previste dalla Direttiva: chi è escluso dagli obblighi?
Per venire incontro alle specificità locali, la UE ha introdotto una serie di deroghe importanti che consentono agli Stati membri di esentare alcune categorie di edifici. In particolare, la direttiva permette deroghe per:
Edifici vincolati o di valore storico
Sono esclusi dagli obblighi gli immobili tutelati dai beni culturali, come palazzi storici, chiese, castelli, borghi antichi, ecc. Questo perché interventi radicali su tali strutture rischierebbero di alterarne l’identità architettonica.
Edifici tecnicamente non ristrutturabili
Rientrano in questa categoria gli edifici per cui l’efficientamento energetico non è tecnicamente o economicamente fattibile. Ad esempio:
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Palazzi con struttura portante inadeguata
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Immobili che richiederebbero costi sproporzionati rispetto al valore di mercato
Case occupate da persone in situazioni vulnerabili
Uno degli aspetti sociali più rilevanti della direttiva riguarda le famiglie in condizioni di povertà energetica. Gli Stati possono introdurre misure di flessibilità o esenzioni per i nuclei familiari che non hanno le risorse per sostenere una ristrutturazione.
Case secondarie e edifici con uso limitato
Le seconde case utilizzate meno di 4 mesi all’anno o con consumi energetici bassi possono essere escluse dagli obblighi, a discrezione dello Stato membro.
Edifici di piccole dimensioni
Anche gli immobili inferiori ai 50 m² possono rientrare nelle deroghe, perché spesso poco efficientabili dal punto di vista economico ed energetico.
Queste deroghe non sono automatiche, ma devono essere recepite nei singoli ordinamenti nazionali. L’Italia, ad esempio, dovrà stabilire con precisione quali edifici rientrano in ciascuna categoria derogabile.
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Cosa prevede l’Italia: recepimento e flessibilità nazionale
Il recepimento italiano della direttiva è ancora in fase di definizione, ma il governo ha già fatto sapere di voler utilizzare tutte le flessibilità disponibili. La priorità sarà evitare una “stangata” sui proprietari di casa, considerato che oltre il 70% degli immobili residenziali italiani si trova in classe F o G.
Le prime indicazioni parlano di:
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Mappatura degli immobili storici e vincolati, che saranno esentati
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Introduzione di sgravi fiscali o bonus edilizi per agevolare i lavori (in forma evoluta rispetto al Superbonus)
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Possibile posticipo delle scadenze per le categorie economicamente svantaggiate
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Incentivi per l’uso di materiali sostenibili e tecnologie green, come pompe di calore e impianti fotovoltaici
Inoltre, si discute di una gradualità per aree geografiche, con interventi più flessibili nei piccoli comuni e nei centri storici.
L’Italia potrà inoltre beneficiare di un margine di deroga fino al 22% degli edifici residenziali, a patto di dimostrare che le misure alternative sono comunque in linea con gli obiettivi generali dell’UE.