Hotel Posta Campodolcino
Conosciuto come Grand Hotel Poste di Campodolcino, era dotato di stazione climatica idroterapica che sfruttava sorgenti di acque ferrugginose; vi si praticava anche la cura del latte e dell’uva.
Fondato dal dott. Rizzi dopo il 1840, rilevando una vecchia locanda, il Posta divenne uno degli alberghi più lussuosi e rinomati della zona.
Famoso per la sua sala da pranzo di 300 mq (detta Giardino d’Inverno o Sala Luccicante per la sua luminosità, dovuta a lunghe vetrate), negli anni ’30 si dotò anche di orchestra e campI da tennis.
Vi soggiornarono personaggi del calibro di re Vittorio Emanuele III, il Principe Umberto, re Leopoldo II del Belgio, la Principessa Clementina Bonaparte, Pirandello, Carducci.
Dopo la guerra iniziò il lento declino, che lo avrebbe portato alla chiusura e al definitivo abbandono nel 1981.
All’interno era decorato con splendidi affreschi in stile liberty ed una maestosa scalinata in ferro battuto, ancora oggi presente, più vari altri fregi in ferro e in legno che oggi rischiano di sparire.
LA STORIA DEL GRAND HOTEL MALENCO
Grand Hotel Poste di Campodolcino
Consumato dall’abbandono, l’ex albergo ha chiuso i battenti nel 1981, anno in cui le serrande sono state abbassate definitivamente. In passato, questo luogo ha servito per decenni come stazione di posta e rifugio per i viaggiatori diretti al Passo dello Spluga e verso il nord Europa, offrendo un punto di sosta nelle montagne al confine tra Italia e Svizzera.
Dopo aver raggiunto il culmine della sua prosperità negli anni Trenta, la fine della seconda guerra mondiale ha segnato l’inizio di un declino lento ma inarrestabile, che ha portato alla chiusura dell’attività e al progressivo degrado dell’edificio, riducendolo a una rovina.
Nell’estate del 2020 a causa delle condizioni è stato necessario procedere alla parziale demolizione del fabbricato di inizio ‘900. La struttura, ormai in stato di abbandono e in imminente pericolo di crollo, rappresentava un pericolo per la circolazione stradale e per l’incolumità pubblica a causa della sua ubicazione, in prossimità della strada statale 36 del Lago di Como e dello Spluga.
La proprietà, chiamata più volte a mettere la struttura in sicurezza, non si è mossa. I preziosi esempi di liberty conservati al suo interno sono quindi andati perduti per sempre, e non rimane che un cumulo di macerie.