I cellulari ci ascoltano
La convinzione che gli smartphone ci ascoltino costantemente, anche quando sono in standby, per proporci pubblicità mirate è diffusa, ma le evidenze concrete a supporto di questa tesi sono limitate.
Le principali aziende tecnologiche, come Apple e Google, hanno implementato misure di sicurezza nei loro sistemi operativi per impedire l’accesso non autorizzato al microfono da parte delle applicazioni. Ad esempio, in Android 11 e versioni successive, le app non possono accedere al microfono o alla fotocamera mentre sono in esecuzione in background, anche se l’utente ha precedentemente concesso l’autorizzazione esplicita. Apple, dal canto suo, richiede che le app ottengano il consenso dell’utente prima di accedere al microfono o alla fotocamera e segnala l’uso di questi sensori tramite indicatori visivi sullo schermo.
Tuttavia, casi isolati hanno sollevato preoccupazioni. Nel 2023, è emerso che la società di marketing Cox Media Group (CMG) ha sviluppato una tecnologia denominata “Active Listening”, che sfrutta i microfoni dei dispositivi per raccogliere dati vocali e proporre annunci pubblicitari personalizzati. CMG ha dichiarato che questo processo avviene con il consenso degli utenti, ottenuto attraverso le autorizzazioni concesse alle applicazioni. Tuttavia, tali pratiche hanno sollevato interrogativi sulla reale consapevolezza degli utenti riguardo all’uso dei loro dati vocali.
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Nonostante questi episodi, studi indipendenti non hanno trovato prove concrete di un ascolto massiccio e sistematico delle conversazioni da parte degli smartphone per fini pubblicitari. È più probabile che la percezione di essere “ascoltati” derivi dall’analisi approfondita dei dati comportamentali raccolti durante l’uso quotidiano dei dispositivi. Le aziende utilizzano informazioni come la cronologia di navigazione, la geolocalizzazione, le interazioni sui social media e gli acquisti online per creare profili dettagliati degli utenti e offrire pubblicità mirate.
Inoltre, fenomeni psicologici come il bias di conferma possono contribuire a questa sensazione. Ad esempio, potremmo aver cercato informazioni su un prodotto online e successivamente parlarne con un amico; quando poi vediamo una pubblicità relativa a quel prodotto, tendiamo a ricordare la conversazione recente piuttosto che la ricerca effettuata, alimentando la convinzione che il telefono ci stia “ascoltando”.
Per proteggere la propria privacy, è consigliabile:
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Verificare e limitare le autorizzazioni concesse alle applicazioni, soprattutto per l’accesso al microfono e alla fotocamera.
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Utilizzare le impostazioni di privacy offerte dai sistemi operativi per monitorare e controllare l’uso dei sensori da parte delle app.
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Essere consapevoli delle informazioni condivise online e delle implicazioni che queste possono avere sulla personalizzazione degli annunci pubblicitari.
Pubblicità mirata
In sintesi, sebbene esistano tecnologie capaci di sfruttare l’ascolto attivo per fini pubblicitari, non ci sono evidenze solide che gli smartphone ascoltino costantemente le nostre conversazioni senza il nostro consenso esplicito. La personalizzazione degli annunci è principalmente basata sull’analisi dei dati comportamentali raccolti durante l’uso dei dispositivi e delle applicazioni.