Rumori molesti dei vicini: come ottenere un risarcimento danni
Musica ad alto volume, tacchi sul parquet, chiacchiericcio e mobili trascinati: quando la soglia di tollerabilità viene superata, può scattare il diritto a un risarcimento.
Cosa dice la legge italiana?
In Italia, la legge tutela il diritto alla quiete domestica. L’articolo 844 del Codice Civile stabilisce che le immissioni di rumore non devono superare la normale tollerabilità.
Quando un rumore è considerato molesto?
La soglia oltre la quale il rumore diventa illegale non è fissa, ma dipende da vari fattori. La giurisprudenza stabilisce due parametri generali:
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3 decibel oltre il rumore di fondo nelle ore notturne
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5 decibel di giorno
A questi, si aggiunge la valutazione del contesto:
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Un suono fastidioso in una zona silenziosa può essere considerato più grave rispetto allo stesso suono in centro città.
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Anche la frequenza e la durata del rumore possono incidere. Un singolo episodio può essere tollerato, ma una condotta ripetuta nel tempo configura un’illiceità, come tale risarcibile.
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Come dimostrare il danno?
Per avere diritto a un risarcimento, bisogna prima dimostrare che i rumori superino la “normale tollerabilità”. Non è però sempre necessario un danno biologico certificato. La Corte di Cassazione ha riconosciuto la possibilità di ottenere un risarcimento anche in assenza di lesioni alla salute, quando le immissioni sonore ledono il diritto al pieno svolgimento della vita domestica.
Perizia fonometrica
Per provare l’effettivo disturbo si può procedere come segue:
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Richiedere una perizia fonometrica da tecnici specializzati.
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Raccogliere testimonianze di altri vicini.
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Presentare certificazioni mediche in caso di disturbi psicofisici.
In ogni caso, la valutazione sarà sempre condizionata dal contesto abitativo e dall’orario in cui si verificano i rumori.
Quali azioni intraprendere?
Prima di arrivare in tribunale, conviene sempre tentare la via pacifica. Un dialogo diretto con il vicino può risolvere molti problemi. Se non basta, si può procedere in modo più formale:
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Segnalare la violazione all’amministratore di condominio, se il regolamento stabilisce orari di silenzio.
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Inviare una diffida scritta, magari tramite un avvocato.
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Coinvolgere più condomini in segnalazioni comuni, se il disturbo è diffuso.
Se il dialogo fallisce e si decide di intraprendere la strada giudiziaria, il primo passo è inviare una lettera di diffida. Dopodiché, si può:
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Presentare un ricorso d’urgenza, previsto dall’articolo 700 c.p.c., per chiedere la cessazione immediata dei rumori.
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Avviare una causa civile per ottenere il risarcimento danni, come prevede l’articolo 2043 c.c.
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In caso di disturbo collettivo in condominio, sporgere denuncia penale per disturbo della quiete pubblica, fattispecie che fa riferimento all’articolo 659 c.p.
Rumori molesti dei vicini
La molestia sonora può derivare da tante situazioni: chiacchiericcio ad alta voce, animali che abbaiano, lavatrici accese all’alba, lavori rumorosi fuori orario. In tutti questi casi, anche senza danni gravi alla salute certificabili, è possibile richiedere tutela e, nei casi più estremi, ottenere un risarcimento.
Lo stesso vale in assenza di un regolamento condominiale specifico, poiché il Codice Civile tutela i residenti dagli “schiamazzi, rumori o scuotimenti” che superano la tollerabilità. Le fasce orarie considerate più sensibili vanno generalmente:
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Dalle 13 alle 15 (riposo pomeridiano)
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Dalle 22 alle 8 (riposo notturno)
Dunque, il messaggio che arriva dalla giurisprudenza è chiaro: la quiete domestica è un diritto, e chi la compromette può essere chiamato a rispondere, non solo con delle scuse, ma anche con il portafoglio.