E’ scomparso dopo lunga malattia, combattuta con grande coraggio, ma senza rinunciare alla sua passione per lo sport, Diego Pini, dirigente sportivo che ha lasciato una traccia indelebile nel mondo del basket italiano e del turismo valtellinese.
Pini è stato prima di tutto l’allenatore di centinaia di ragazzi, cresciuti con rigore e disciplina nelle sue squadre giovanili portate per migliaia di chilometri all’inseguimento di un sogno che era il suo, prima ancora di quello dei suoi giocatori.
Ha contribuito inoltre in modo determinante allo sviluppo turistico della Valtellina grazie alla sua lunga attività organizzativa che negli anni ha portato, in una terra lontano da tutto e da tutti, Michael Jordan (due volte), nazionali di basket da tutto il mondo, finali nazionali giovanili, la Philips Cup (una sorta di mondiale Juniores per club), gli indimenticabili mondiali juniores del 1987 (vinti dalla Jugoslavia di Kukoc, Divac, Radja, Djordjevic contro gli Usa di Gary Payton e Larry Johnson) che si è inventato il Valtellina Basket Circuit.
La migliore Summer League d’Europa, in oltre trenta anni di vita, ha ospitato il gotha della pallacanestro mondiale, dall’Olimpia Milano di Dan Peterson, al Messaggero Roma di Raul Gardini, alla Fortitudo Bologna di Dominique Wilkins, per arrivare all’Armani Milano di quest’anno: in sintesi la storia del basket europeo moderno.
Ne avevamo parlato con lui in questa intervista nel 2013.
Grazie alla sua costante opera ha riempito gli alberghi di mezza valle, senza ricevere però sempre un adeguato supporto dal territorio per le potenzialità incredibili dei suoi contatti e iniziative.
Ciò nonostante si è sempre speso con grande passione nel portare avanti la sua creatura, raggiungendo obiettivi che forse nemmeno lui sperava di raggiungere, ma che, come ogni visionario, probabilmente erano al di là di un ragionamento razionale.
Ci ha lasciato troppo presto a 68 anni, ma forse ha fatto più lui per il turismo valtellinese di chiunque altro e, soprattutto, ha avuto una vita intensa, felice ed appagante, anche grazie alla sua numerosa famiglia, che gli ha permesso di coltivare fino in fondo la sua grande passione per lo sport che lo teneva lontano da casa oltre qualsiasi comprensione umana.
Forse in questo aiutato da una famiglia ancora più grande rispetto a quella di Cristina (sua moglie), e dei figli Junio, Klaus, Glauco e Fiammetta: quella di tutti i ragazzi passati sotto le sue sgrinfie sui parquet.
Diego Pini mancherà a tutta la Valtellina, non solo sportiva, ma lascia tanto, forse anche troppo per essere proseguito al suo stesso livello. Non dovranno mancare le energie necessarie per non disperdere la grande eredità che ha donato alla sua terra in quaranta anni di attività.
Un ricordo personale
Fino all’ultimo sono stato indeciso se scrivere queste righe. Troppi sono i sentimenti che mi animano e che meritano ben altro che un sito internet o una bacheca di facebook, ma Diego Pini, oltre ad essere un pezzo della mia vita è stato un pilastro dell’argomento di cui si parla in questo sito.
Grazie alla disponibilità di sua moglie Cristina sono riuscito a vederlo giovedì scorso. Non dimenticherò mai il suo sguardo quando mi ha visto entrare in camera e le sensazioni che ho provato nel nostro ultimo incontro. Di lui ho sempre apprezzato che poteva essere in compagnia del più grande personaggio del basket mondiale, ma, se mi incontrava, si fermava sempre a parlarmi, magari per pochi secondi. Questo mi faceva sentire importante. Giovedì, in quei pochi minuti, lo ha fatto per l’ultima volta. Oltre a chiedermi di assaggiare un regalo che gli aveva appena inviato Bogdan Tanjević, tanto per dire la grandezza del personaggio. Del resto i “miti” sono così, non hanno bisogno di tirarsela.
Mi perdonerete se chiudo l’articolo con un saluto personale che scrivo non solo per Diego, ma anche per me stesso.
Nella vita incontri tante persone, della maggior parte non rimane traccia, ma puoi conoscerne alcune, se sei fortunato, che non ti lasceranno più, e che racconterai ai tuoi figli. Ciao Diego, compagno di mille avventure, vittorie, risate, incazzature e di una grande passione per il basket.
Sandro Faccinelli