Tassa del rosa
Che cos’è la pink tax?
-
Definizione: la pink tax indica il fenomeno per cui prodotti o servizi rivolti alle donne costano di più, anche quando sono sostanzialmente identici a quelli per uomini.
-
Dati chiave:
-
Nel 2015, uno studio del NYC Department of Consumer Affairs mostrava differenze medie del 7 % in più su una vasta gamma di prodotti: abbigliamento, giochi, cura personale.
-
In alcuni ambiti, come cura personale o igiene, la differenza arrivava fino al 13 % in più.
-
Ogni anno, una donna paga circa $2.381 in più per gli stessi beni e servizi, accumulando fino a $188.000 in più nel corso della vita.
-
Secondo indagini recenti, i beni femminili sono anche soggetti a tasse o tariffe più alte; questo meccanismo, costerebbe alle donne circa $2,5 miliardi all’anno.
-
Perché costa di più?
Le ragioni addotte variano, ma spesso non giustificano la differenza di prezzo:
-
Marketing e percezione di valore: packaging, fragranze, promozioni targettizzate possono far sembrare il prodotto più prezioso – o giustificare un prezzo più alto – anche senza differenze sostanziali nei costi.
-
Segmentazione di mercato: suddivisione tra prodotti “rosa” e “blu” è spesso fine a sé stessa, ma può legittimare prezzi più alti.
-
Diversità nei costi di produzione: in alcuni casi si sostiene un costo superiore per confezioni diverse o formule alternative, ma spesso queste giustificazioni non reggono quando gli ingredienti o la qualità sono identici.
-
Tariffe e imposte: alcuni beni femminili subiscono tariffe o IVA più elevate (es. abbigliamento, prodotti mestruali) rispetto a quelli maschili, contribuendo al gap di prezzo.
Critiche e contesto europeo
-
Alcuni studi, come quello francese della DGCCRF del 2015, non hanno trovato un sovrapprezzo sistematico per i prodotti destinati alle donne, suggerendo che il fenomeno non è universale o uniforme.
-
Altre analisi più recenti (2021) hanno mostrato che solo alcune categorie, come saponi, gel doccia, deodoranti e rasoi, presentavano prezzi più elevati per la versione femminile; in altri casi, il prodotto maschile risultava più costoso.
-
Tuttavia, molte fonti sostengono che, anche se non in tutti i casi, la pink tax resta una forma di discriminazione di piazza, soprattutto in settori come cura personale, abbigliamento, servizi come lavanderia o parrucchieri.
Cosa si può fare?
-
Usare prodotti unisex o maschili quando il contenuto è identico – spesso è la scelta più economica.
-
Fare attenzione al prezzo per unità: spesso gli articoli femminili hanno dimensioni inferiori, pur costando di più.
-
Confrontare le opzioni, anche all’interno dei servizi: ad esempio, chiedere la tariffa “maschile” per determinate tipologie di taglio o lavaggio.
-
Supportare aziende che praticano prezzi neutrali o trasparenti.
-
Leggere le leggi vigenti: alcuni stati (come California, New York) hanno vietato la discriminazione di prezzo basata sul genere e permettono di denunciare abusi.
Quindi sì, i prodotti femminili spesso costano di più: questo non è un tributo di genere, ma un esempio di pricing differenziale ingiustificato, spesso unito a tasse o trattamenti fiscali più gravosi (come nel caso dei prodotti mestruali). Il fenomeno è documentato da studi solidi, anche se varia per categoria e area geografica.
Ricevi le news con Telegram
WhatsApp Messenger Instagram