Non parleremo di numeri e presenze, difficili da quantificare, ma anche, spesso, inutili per raccontare una manifestazione, ma di contenuti, e quelli non mancano di certo in Val di Mello.
Sicuramente Melloblocco è una festa, e senza dubbio è appannaggio prima di tutto dei boulder, per la maggior parte amatori, che invadono queste valli e non vi mancherebbero per nulla al mondo. Ma è anche un appuntamento nel quale, lungo i mille spazi di una zona dove il granito da materiale da estrazione sta diventando, anche grazie al “Mello”, da ricreazione, nel senso di utilizzo “illimitato” per il divertimento di scalatori e spettatori.
Dopo tredici anni di raduno sarebbe, forse, utile dare dei meriti, ma non tocca a noi farlo, per quello che molti valtellinesi dovrebbero venire a vedere per riconoscersi in una comunità troppe volte disunita e che in eventi come questi potrebbe trovare, o meglio ritrovare, le proprie origini e un senso di appartenenza che gioverebbe a tutto il turismo della Valtellina.
Sì perchè Melloblocco dovrebbe essere patrimonio di tutte le attività turistiche locali, da Madesimo a Livigno, essendo unico e inimitabile.
Chi scrive non solo non è appassionato di boulderismo, ma è distante, da molti punti di vista, dal mondo che oggi ha visto dal vivo, però non è cieco dal non vedere che, senza esagerare, la Val Masino sta seduta su una miniera d’oro, turisticamente parlando, e che il Melloblocco sia la punta di diamante di un giacimento con un potenziale ancora tutto da esplorare.
A questo evento forse non serve un’anima commerciale, ma una fiamma che accenda tutta la legna accatastata in tredici edizioni e che, se “infiammata”, potrebbe rendere queste zone uno degli avamposti di una promozione nazionale e internazionale della quale la provincia di Sondrio ha sempre maggiore bisogno.
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