2500 operai
Nel luglio 2025 la strada dello Stelvio ha celebrato un traguardo straordinario: 200 anni dalla sua inaugurazione, avvenuta appunto nel 1825. A quota 2.758 metri, il passo è il più alto d’Italia tra quelli raggiungibili con una strada asfaltata, ed è diventato simbolo delle Alpi, non solo per la sua imponenza geografica, ma per la storia che conserva, per le sfide ingegneristiche superate, per il fascino che riesce ancora oggi ad evocare in escursionisti, ciclisti, appassionati di motori, ma anche in chi cerca la bellezza naturale al limite del cielo.
Origini: necessità e contesto politico
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All’inizio del XIX secolo, dopo il Congresso di Vienna (1815), nacque il Regno Lombardo‑Veneto, sotto dominazione asburgica.
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In quella cornice si manifestò l’esigenza di un collegamento stradale che mettesse in comunicazione Milano con Vienna, evitando la Svizzera, ossia garantendo una via interna, controllata politicamente.
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Era quindi anche una questione strategica, oltre che commerciale e di mobilità; per le autorità imperiali, poter disporre di vie di montagna sicure, efficienti tutto l’anno, era fondamentale.
Il progetto e i lavori di costruzione
Ing. Carlo Donegani e il progetto
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Progettista fu Carlo Donegani, ingegnere capo per la provincia di Sondrio. Articolò un progetto che doveva affrontare condizioni estreme di montagna.
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La strada fu pensata per avere una larghezza di circa 5 metri ovunque, con pendenze massime relativamente contenute, attorno al 10‑12%, per permettere il passaggio di carri trainati da cavalli, non solo di pedoni o bestie.
Durata, personale e mezzi
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I lavori cominciarono il 26 giugno 1820.
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Si protrassero fino al 1825, con una fase conclusiva nel settembre‑ottobre per il collaudo ufficiale.
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Circa 2500 operai furono impiegati nei periodi più intensi dei lavori.
Caratteristiche della strada
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Punto di partenza: Bormio, a circa 1.225 m s.l.m.; la strada sale fino al passo (2.758 m), per poi ridiscendere in Val Venosta (verso Spondigna / Prato allo Stelvio) fino a quota ~900 m.
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Numero di tornanti: sul versante lombardo iniziale le fonti parlano di quaranta tornanti da Bormio; sul versante opposto (altoatesino / tirolese) quarantotto.
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Gallerie, ponti, paravalanghe: molte gallerie scavate nella roccia, altre costruite in muratura; ponti in legno e anche strutture di protezione contro valanghe (paravalanghe).
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Ampiezza: circa 5 metri di carreggiata; pendenza massima non oltre il 12%.
L’inaugurazione e l’uso nel tempo
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L’inaugurazione ufficiale avvenne il 6 luglio 1825, alla presenza delle autorità dell’Impero Austriaco (tra cui l’imperatore Francesco I) e naturalmente dell’ingegnere Donegani.
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Subito da allora la strada aveva lo scopo di restare aperta tutto l’anno, anche nei mesi più nevosi, nonostante il rischio di valanghe. Ciò richiese un impegno continuo per lo sgombero della neve, costruzione di opere paravalanghe, strutture di sostegno, cantoniere per il ricovero.
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Per un lungo periodo, soprattutto fino a metà XIX secolo, fu importante anche come collegamento postale, per diligenze, scambi commerciali, mobilità locale e militare.
Sfide tecniche e ingegneristiche
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La salita comportava un dislivello notevole: migliaia di metri da Bormio al passo, e discese ripide verso la Val Venosta. Gestire queste pendenze con cavalli, carrozze, e i limiti tecnici di inizio XIX secolo fu arduo.
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Le condizioni climatiche estreme: neve profonda, valanghe, gelo, che richiedevano non solo la costruzione iniziale ma anche manutenzione continua e protezioni.
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Terreno impervio, necessità di gallerie scavate nella roccia, ponti su forre o torrenti, costruzione di paravalanghe, muraglie, ponti in legno, muri di contenimento. Tutto ciò richiese abilità, risorse, materiali adeguati in quota.
Evoluzione e importanza storica
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Con il passare del tempo, col mutare delle frontiere e delle dominazioni (caduta dell’impero austro‑ungarico dopo la Prima guerra mondiale, annessione della Lombardia e successivamente l’assetto italiano del confine) la strada cambiò anche la sua importanza strategica.
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Dal punto di vista turistico, culturale e sportivo, lo Stelvio divenne un simbolo alpino: meta per ciclisti (tour e competizioni), motociclisti, appassionati della montagna, fotografi, escursionisti. Anche l’esperienza dello sci estivo nei pressi del ghiacciaio, rifugi alpini e strutture per i visitatori hanno contribuito al suo fascino.
Il bicentenario: celebrazioni e significati oggi
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Nel 2025 il Passo Stelvio compie 200 anni. Sono stati organizzati eventi commemorativi, cerimonie ufficiali, partecipazione di rappresentanti locali.
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Il bicentenario è occasione per riflettere non solo sul passato, ma su come la strada possa essere valorizzata in tema di turismo sostenibile, conservazione ambientale, sicurezza, gestione delle stagioni invernali, accessibilità.
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È anche momento per riaffermare il valore dell’ingegneria alpina storica: non si tratta solo di un monumento, ma di una infrastruttura viva, che richiede manutenzione, adattamenti e rispetto del territorio e del clima.
L’eredità tecnica, culturale e contemporanea
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Tecnica: la Strada dello Stelvio si mantiene come un capolavoro dell’ingegneria alpina: ha resistito ai mutamenti climatici, ha richiesto ampliamenti e modifiche, ma molti elementi originali testimoniano l’abilità progettuale del XIX secolo.
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Cultura e mito: anni di ciclismo memorabile, di scalate epiche; lo Stelvio è “Cima Coppi” in molte edizioni del Giro d’Italia, luogo di sfide personali, di passione, di turismo en plein air.
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Turismo e economia locale: la strada attira visitatori da tutto il mondo; il paesaggio, le strutture, la natura intatta sono risorse importanti per le vallate coinvolte — Valtellina, Alto Adige, Val Venosta.
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Sfide ambientali: il cambiamento climatico influisce sui ghiacciai, sulla stabilità dei versanti, sulla quantità di neve, su eventi meteorologici estremi. La manutenzione diventa più costosa e impegnativa.
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Sicurezza e viabilità: garantire che la strada resti fruibile, sicura nei mesi complicati (neve, ghiaccio, valanghe), richiede norme, infrastrutture moderne (paravalanghe, gallerie protettive, dispositivi di monitoraggio).
Il bicentenario del Passo dello Stelvio non è solo una celebrazione di un sorgere del passato, ma un momento per guardare avanti: verso la conservazione, la valorizzazione sostenibile, il rispetto del paesaggio, e verso un turismo che sappia godere della montagna non distruggendola.
Il Passo non è solo un tracciato che collega due valli, ma un ponte tra epoche, un monumento alla tenacia umana, al desiderio di superare la montagna. E mentre le ruote delle bici continuano a girare, gli escursionisti salgono, le moto sfrecciano, lo Stelvio ricorda quanto sia possibile costruire qualcosa che dura, che resiste al gelo, al vento, al tempo — e che ancora oggi sa mettere il fiato sospeso a chi lo affronta.