Valtellina segreta tra natura e superstizioni
La Valtellina è spesso associata alle piste da sci di Bormio, ai pizzoccheri, ai vigneti terrazzati e ai panorami alpini mozzafiato. Ma esiste un lato nascosto, affascinante e inquietante di questa valle montana: quello legato alle leggende, alle streghe e ai racconti popolari. Un mondo fatto di borghi antichi, alcuni ormai semi-abbandonati, dove ancora oggi si percepisce l’eco di storie dimenticate, tramandate di generazione in generazione.
Nel passato, la montagna era un ambiente tanto affascinante quanto spietato. La vita era dura, gli inverni lunghi, le malattie frequenti. Senza spiegazioni scientifiche, molte comunità alpine cercavano di dare un senso agli eventi inspiegabili attraverso il folklore. Così nacquero storie di streghe che vivevano nei boschi, di spiriti che abitavano le valli, di sabba notturni celebrati nei prati sotto la luna piena.
Molti borghi della Valtellina portano con sé un’eredità misteriosa. I vicoli stretti, le case in pietra scura, i boschi fitti tutt’intorno… creano uno scenario perfetto per alimentare queste narrazioni. In alcuni di questi luoghi si racconta ancora delle donne accusate di stregoneria, dei falò purificatori, delle figure leggendarie come la Mata salvàdega o la Pevéta, creature sospese tra umano e soprannaturale.
Oggi, queste leggende non fanno più paura, ma incuriosiscono. Il viaggiatore moderno, sempre più attratto da esperienze autentiche e luoghi fuori dalle rotte turistiche classiche, scopre nella Valtellina un mondo affascinante, fatto di memorie, riti antichi e panorami mozzafiato. Un mix perfetto tra escursionismo, cultura e mistero.
In questo articolo ti porterò in alcuni dei borghi più suggestivi della Valtellina, dove il tempo sembra essersi fermato e dove ogni pietra, ogni angolo, ha qualcosa da raccontare. Pronto a partire per un viaggio tra streghe e leggende?
Sostila: il borgo abbandonato delle streghe
Nascosto nella selvaggia Val Fabiolo, Sostila è uno di quei luoghi che sembrano usciti da una fiaba oscura. Un piccolo borgo abbandonato – o quasi – dove la pietra regna sovrana, il silenzio è totale e il mistero aleggia in ogni angolo. Non a caso, Sostila è conosciuto come “il paese delle streghe”.
Fino agli anni Cinquanta contava circa 120 abitanti. Poi, lentamente, è stato abbandonato, come molti piccoli centri di montagna. Oggi è raggiungibile solo a piedi attraverso un sentiero immerso nel bosco. Proprio questo isolamento, unito all’architettura rimasta quasi intatta, fa di Sostila una meta perfetta per chi cerca suggestioni forti e autentiche.
Ma perché è legato alle streghe? Secondo la tradizione locale, nelle notti senza luna, le streghe si davano appuntamento nel borgo per celebrare i loro sabba. Si racconta di luci strane tra le case, di canti misteriosi e rituali esoterici tra le rovine. Ovviamente nessuno può confermare, ma il fascino è proprio questo: camminare tra le case di pietra, salire lungo i vicoli in salita, e immaginare cosa potesse accadere lì, secoli fa, quando la valle era buia e la paura era parte della vita quotidiana.
Oggi Sostila è diventato una meta per il turismo escursionistico e slow, ideale per chi ama camminare e riflettere. È un luogo perfetto per fermarsi, ascoltare il silenzio e sentirsi parte di qualcosa di più grande, antico, inspiegabile.
Consiglio da local: visita Sostila in autunno, quando le foglie cambiano colore e la nebbia avvolge il bosco. Porta con te scarpe da trekking, acqua e una buona torcia: non troverai bar, né luci artificiali. Solo natura, pietra e… forse, qualche antica presenza.
Ardenno: tra processi e superstizioni
Scendendo verso la bassa Valtellina, troviamo Ardenno, un borgo che ha avuto un ruolo chiave nei secoli passati quando si trattava di caccia alle streghe. Qui, a differenza di Sostila dove le leggende sono più misteriose, esistono documenti storici che parlano di processi, accuse e condanne.
Nel Seicento, come in gran parte del Nord Italia, anche in Valtellina si diffuse la paura delle streghe. Le donne che curavano con le erbe, che vivevano isolate, o che semplicemente erano “diverse” venivano spesso accusate di praticare la magia. Ardenno era uno dei centri dove venivano raccolte testimonianze, si istruivano processi e – spesso – si emettevano condanne. In alcuni casi si parla di torture e roghi.
Non mancano però anche le leggende popolari, più leggere ma comunque affascinanti. Ad Ardenno si racconta della Pevéta, una strega solitaria che viveva nei boschi, e della Mata salvàdega, creatura metà donna metà bestia, che appariva ai bambini per ammonirli o proteggerli, a seconda dei casi. Figure che oggi ci fanno sorridere, ma che un tempo erano parte della quotidianità di chi viveva isolato tra le montagne.
Oggi Ardenno conserva un’atmosfera particolare. Il centro storico è ben curato, ma basta allontanarsi un po’ e inoltrarsi nei boschi che lo circondano per percepire quel senso di mistero che ancora sopravvive. Se hai la fortuna di incontrare qualche anziano del posto, chiedi delle “vecchie storie”. Ti sorprenderà quanto la memoria orale sia ancora viva.
Da non perdere: una passeggiata fino alle frazioni alte, dove il tempo sembra essersi fermato. E se vai in inverno, porta con te una buona giacca: le notti ad Ardenno sono fredde… e piene di leggende.
Bormio: dove le leggende diventano storia
Bormio è conosciuto per le sue terme, le piste da sci e il centro storico affascinante. Ma c’è un lato della sua identità che pochi turisti conoscono: quello legato ai processi alle streghe. Qui, la leggenda incontra documenti reali e processi storici, rendendo la vicenda ancora più inquietante e affascinante.
Nel Seicento, durante l’ondata di caccia alle streghe che travolse l’Europa, anche in Valtellina si accesero i roghi. A Bormio furono conservati almeno 35 fascicoli giudiziari riguardanti accuse di stregoneria. Donne – e talvolta anche uomini – venivano accusati di aver stretto patti con il diavolo, di aver causato malattie o disgrazie con sortilegi, di essersi riuniti nei boschi per sabba notturni.
Il clima sociale dell’epoca era teso: bastava poco per essere sospettati. Una donna sola, una levatrice, un’erborista… tutte figure viste con sospetto. Le confessioni, spesso estorte sotto tortura, servivano a dare una parvenza di giustizia a una vera e propria caccia al diverso, al “non allineato”.
Ma a Bormio non si è perso tutto sotto la cenere del tempo. Le leggende sono sopravvissute, e anzi sono diventate parte della memoria collettiva. Si racconta ancora dei sabba nei boschi sopra la città, delle “masche” che volavano nella notte, dei riti pagani mischiati al cattolicesimo popolare. Un tempo di paura, oggi fonte di curiosità e riflessione.
Passeggiare nel borgo antico di Bormio, con le sue case medievali e le sue strade in pietra, è un’esperienza suggestiva. Sapere che tra quelle stesse vie si sono celebrate le udienze dei tribunali dell’Inquisizione, fa venire i brividi. E se decidi di allontanarti dal centro per esplorare i boschi o i sentieri più isolati… potresti anche tu sentire il peso di qualche presenza antica.
Consiglio per chi ama la storia: se riesci, visita gli archivi storici o informati presso le biblioteche locali. Spesso si trovano pubblicazioni molto dettagliate sui processi reali e le figure coinvolte. Un’esperienza da brivido, ma autentica.
Albosaggia: la Maga e il volto educativo delle leggende
Spostandoci più vicino a Sondrio, incontriamo Albosaggia, un borgo che ci mostra un altro volto delle leggende legate alla stregoneria: quello “educativo” e folkloristico, lontano dai roghi e dai tribunali. Qui la protagonista è la “Magada”, una figura femminile misteriosa che abita nei racconti popolari tramandati per generazioni.
La “Magada” non era per forza malvagia. Nella tradizione valtellinese, era una maga, una donna solitaria, spesso saggia, capace di incutere timore ma anche rispetto. Viveva nei boschi, conosceva le erbe e i segreti della natura. Era la classica figura con cui spaventare i bambini (“se non fai il bravo, viene la Magada!”), ma anche il simbolo della conoscenza non codificata, del sapere delle donne di montagna.
La leggenda della Magada dimostra come le storie sulle streghe non fossero solo frutto dell’ignoranza o della superstizione, ma anche strumenti culturali. Servivano a spiegare i fenomeni naturali, a educare, a tramandare valori o paure collettive. In molti casi, queste figure erano semplicemente donne indipendenti, e quindi pericolose agli occhi di una società patriarcale e rigidamente cattolica.
Visitare Albosaggia oggi significa fare un salto in un borgo che conserva la sua autenticità. Le case in pietra, i sentieri nei boschi, i muretti a secco… tutto parla di una vita semplice, contadina, ma anche intrisa di simboli. Basta un po’ di immaginazione per vedere le orme della Magada tra gli alberi, o sentire i racconti che le nonne facevano ai nipoti vicino al camino.
Suggerimento esperienziale: esplora i boschi attorno al borgo e cerca le località citate nelle leggende, chiedendo magari indicazioni agli abitanti del luogo. Spesso queste storie sono legate a luoghi fisici precisi, che ancora oggi portano nomi evocativi.
Albosaggia ci ricorda che la leggenda non è solo fantasia, ma anche un modo per conoscere meglio il territorio, le sue dinamiche sociali, e la profonda relazione tra uomo e natura in montagna.
Un viaggio tra mistero, memoria e montagne
Quello tra i borghi della Valtellina e le leggende di streghe non è solo un viaggio turistico: è un’esperienza culturale, emotiva, quasi spirituale. I luoghi che abbiamo esplorato – Sostila, Ardenno, Bormio, Albosaggia – raccontano storie diverse, ma con un filo comune: la capacità dell’uomo di spiegare l’inspiegabile attraverso la narrazione.
La montagna ha sempre avuto un’anima doppia: accogliente e ostile, protettiva e selvaggia. Le leggende sono nate proprio per dare un volto a questa ambivalenza. Le streghe della Valtellina non erano tutte uguali: alcune facevano paura, altre erano curatrici, altre ancora erano solo proiezioni di paure collettive. Ma tutte, in un modo o nell’altro, hanno lasciato un’impronta nei borghi e nelle persone.
Ricevi le news con WhatsApp












