23 anni fa finiva un incubo viabilistico con la galleria S. Antonio – Cepina

18 febbraio 2000 per l’alta Valtellina finisce un incubo viabilistico durato quasi 13 anni: viene aperta al traffico la galleria S. Antonio-Cepina, il tunnel del record, l’ultimo tratto delle “gallerie della rinascita”, come le hanno ribattezzate in Valtellina.

VAL POLA – La frana della Val Pola aveva pesantemente condizionato Bormio con le sue valli per un decennio. Con una strada di emergenza che contava oltre quindici tornanti per oltrepassare la zona di S. Bartolomeo, l’apertura della nuova statale 38 fu un vero e proprio evento per questi luoghi. “S. Antonio Morignone tunnel” nella dicitura internazionale, per ANAS il nome di battesimo è “S. Antonio – Cepina”, rimane nell’albo dei record. Ad oggi è il quinto tunnel stradale più lungo d’Italia (all’epoca il quarto), terzo tunnel stradale più lungo interamente in territorio italiano, primo tunnel stradale per lunghezza di una strada statale italiana. IL TUNNEL – Si tratta di un tunnel a canna singola con carreggiata a doppio senso di marcia, tecnicamente composto da tre gallerie in serie (S. Antonio più Tola più Cepina). Le prime due unite da un tratto semi – artificiale di 300 metri interamente chiuso con un bypass che scende alla piccola frazione di Tola. La seconda e la terza rimangono interamente dentro la montagna per quasi 5 km, portando la lunghezza totale della galleria a sfiorare 8 km, 7.925 metri per l’esattezza.
In questa lunghezza supera un dislivello complessivo di 105 metri, di cui oltre 70 metri si superano nei primi 2 km. Il portale sud si trova proprio poca sopra l’ex abitato di Morignone sepolto dalla frana, a quota 1.055 metri, mentre il portale nord esce a Capitania, frazione di Valdisotto, a quota 1.160 metri, a 1 km dal territorio di Bormio.

LA STORIA – Una storia lunga e travagliata quella di questi tunnel lungo la nuova statale 38 costruita tra Tirano e Bormio. I primi progetti risalgono ai primi anni ’80 nel tratto tra Mazzo e Grosio, mentre l’alluvione del 1987 con la catastrofica frana della Val Pola fece decollare questo progetto grazie ai soldi della legge Valtellina, 30 km di strada a scorrimento veloce di cui circa 25 km in tunnel e viadotti per portare in modo sicuro e veloce la statale 38 fino ai 1.200 metri di Bormio, riuscendo ad attraversare interamente sotto la montagna un territorio notoriamente instabile come la Valdisotto tra frane e valanghe.
TERRITORIO FRAGILE – Costruire gallerie in un territorio che ha dimostrato tutta la sua fragilità geologica non fu facile. Quando iniziarono gli scavi nei primi anni ’90 ci furono infatti continue variazioni nei progetti a causa di continui incontri con sorgenti e veri e propri fiumi nelle viscere della montagna che portarono ad un rallentamento dei lavori e continui rimpalli di responsabilità. All’apertura questi tunnel dimostravano già di essere poco adeguati a sopportare il traffico e soprattutto non erano al passo con i tempi che correvano: illuminazione scarsa, verniciature assenti, impianto di ventilazione sottodimensionato, nessun sistema di sorveglianza, nessun impianto anti incendio, nessun cunicolo di emergenza. Solo negli anni successivi, dopo varie polemiche, si decise di chiuderli definitamente per lunghi periodi per metterli a norma, con conseguenti disagi alla circolazione in quanto la zona della frana era ancora sterrata e sotto lavori che terminarono solo nel 2013. Fortunatamente oggi sono dotati di tutti i sistemi antincendio obbligatori, coperti da linea GSM, controllati da telecamere e radar ad infrarossi e sono stati risolti i problemi di ventilazione e illuminazione. LUNGHEZZA – Per la sua lunghezza il tunnel nel 2020 non avrebbe mai potuto essere aperto, in quanto ora è obbligatorio realizzare cunicoli di fuga pressurizzati su gallerie a canna unica oltre il chilometro. Il tratto Tola e Cepina di 5 km è servito da un solo bypass pedonale che porta all’esterno, da quest’ultimo all’uscita della galleria a Bormio si devono percorrere 3200 metri senza possibilità di fuga, una cosa che oggi non è più permessa dalle leggi vigenti sulle gallerie, alla luce dell’incendio del 1999 nel tunnel del Monte Bianco che portò alla creazione di leggi molto severe in materia di tunnel a livello europeo e non solo, ma non tutte queste norme sono retroattive.
Marco Trezzi

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