È stata ritrovata in un vecchio fienile una monoposto di Formula 1 che ha letteralmente fermato il tempo.
Questo ritrovamento ha catturato l’attenzione degli appassionati di motorsport e degli storici delle corse, offrendo un’occasione unica per riflettere sull’evoluzione tecnica e umana della Formula 1, specialmente negli anni Ottanta e Novanta.
Un video caricato sul noto canale YouTube “TheBeardedExplorer” ha mostrato immagini sorprendenti di un fienile abbandonato, al cui interno è stata scoperta una vettura da Formula 1 completamente rossa, con il celebre logo del Cavallino Rampante sul muso. A prima vista si potrebbe pensare a una Ferrari d’epoca, ma un dettaglio cruciale fa subito luce sulla reale identità della monoposto: la presenza di una striscia bianca con la scritta Marlboro sul cofano motore, sponsor storico della Ferrari, ma posizionata in modo differente rispetto a quello delle vere vetture di Maranello.
L’auto si rivela essere la Dallara 189, telaio costruito per il mondiale di Formula 1 del 1989, utilizzata dalla Scuderia Italia sotto l’egida del team BMS. La Dallara, infatti, è una casa automobilistica italiana, con sede a Varano de’ Melegari, specializzata nella progettazione e costruzione di vetture da competizione, e attiva in Formula 1 dal 1988 al 1992. La monoposto ritrovata, pur avendo il classico rosso Ferrari, non appartiene alla scuderia di Maranello ma a questo importante costruttore che ha segnato un’epoca nella categoria.
La Dallara in Formula 1: una storia di passione e tecnica italiana
Fondata nel 1972 dall’ingegner Giampaolo Dallara, l’azienda parmense ha avuto un ruolo fondamentale nel motorsport internazionale. Nel campionato mondiale di Formula 1, la Dallara ha partecipato come costruttore per cinque stagioni consecutive dal 1988 al 1992, fornendo telai a piloti del calibro di Andrea De Cesaris e Alex Caffi. Nonostante non abbia mai raggiunto vittorie, la Dallara si è distinta per la qualità tecnica e l’affidabilità delle sue monoposto, ottenendo come miglior piazzamento l’ottavo posto nel mondiale costruttori.
Nel 1989, con la Dallara 189, la Scuderia Italia ottenne uno dei suoi momenti più brillanti: un podio al Gran Premio del Canada grazie a De Cesaris, che giunse terzo, regalando un sogno a questa piccola ma tenace squadra italiana. Questi risultati testimoniano l’importanza di una realtà che, pur non essendo una delle grandi scuderie, ha saputo lasciare un segno nella storia della Formula 1.
Oggi la Dallara continua a essere protagonista nel mondo delle competizioni con la fornitura unica di telai in molti campionati, come la Formula 3, la IndyCar e la Formula 2, ma anche nella collaborazione con team di Formula 1 come la Haas, per cui fornisce i telai dal 2016. Il ritrovamento di questa monoposto nel fienile rappresenta quindi non solo un pezzo di storia dimenticata ma anche un simbolo della continuità e dell’evoluzione tecnologica italiana nel motorsport.

Gli anni d’oro della Formula 1 e il fascino delle monoposto d’epoca(Fonte_Youtube)(valtellinamobile.it)
Gli anni Ottanta e Novanta sono riconosciuti come un periodo d’oro per la Formula 1, caratterizzati da grandi rivalità sportive e da piloti che sono diventati leggende, come Alain Prost, Ayrton Senna e Nigel Mansell. In quegli anni, la Ferrari non era sempre la protagonista assoluta, ma la presenza di numerosi piloti italiani e di scuderie come la Dallara ha contribuito a mantenere viva la passione nazionale per questo sport.
Il fascino delle monoposto di quel periodo è dato non solo dalla loro estetica e dalle sfide in pista, ma anche dalle innovazioni tecniche, come l’adozione di motori turbo negli anni Ottanta e l’inizio dell’elettronica negli anni Novanta. Queste vetture erano autentici capolavori di ingegneria meccanica e aerodinamica, spesso costruite con materiali compositi come la fibra di carbonio, che oggi rappresentano lo standard nella categoria.
Il ritrovamento di una monoposto come la Dallara 189 in un luogo così improbabile come un fienile ci ricorda quanto la storia della Formula 1 sia ricca di episodi affascinanti, spesso nascosti dietro l’apparenza di semplici oggetti abbandonati. Inoltre, sottolinea la necessità di preservare il patrimonio storico e culturale di questo sport, che continua a evolversi grazie a innovazioni tecnologiche e a nuovi protagonisti.