La speculazione sul pellet: rimedi possibili


Sembra non aver fine l’aumento del prezzo del pellet. Lo scorso inverno si acquistava a 4 o 5 euro al sacco, mentre questo autunno le confezioni sul mercato sfiorano in alcuni casi i 15/20 euro.

Il pellet si forma comprimendo segatura o trucioli di legno vergine non contaminato, da cui si ottengono cilindri venduti in confezioni da 15 kg. Mediamente 2 kg di pellet riscaldano l’equivalente di un litro di gasolio.

Ma l’aumento del suo costo preoccupa gli italiani insieme alla speculazione in atto sui prezzi, a causa dello squilibrio fra domanda e offerta. Un combustibile che in Italia non produciamo, se non in forma residuale non avendo segherie e dunque scarti di lavorazione meccanica del legno da ricompattare in bricchetti.

Come scegliere il pellet

Non è tollerabile che l’aumento del pellet tocchi punte del 300%, quando non sono certo corrispondenti analoghi incrementi dei costi di energia per produrlo (essiccato, triturato e compattato da legna vergine), trasportarlo e distribuirlo in tutta Europa.

L’alternativa al gas contro il caro bollette

Purtroppo la temuta, ma solo ipotetica, scarsità di gas, ha indotto Slovenia, Germania e Austria, paesi da cui l’Italia si approvvigiona, ad acquistare enormi scorte di pellet, fenomeno che si è associato alla diminuzione delle esportazioni verso il nostro paese.

Lo squilibrio fra domanda e offerta viene imputato anche alla crisi energetica causata dalla guerra tra Russa e Ucraina. Anche perché l’Italia si approvvigiona da stati dove il pellet deriva da scarti di lavorazione del legno provenienti proprio da Ucraina e Russia, ma anche dalla Bielorussia. Quindi l’aumento esponenziale della richiesta del pellet sta interessando il mercato interno, facendo lievitare i costi.

Resta il fatto che non siamo in guerra anche in Italia. Idem nel resto d’Europa, e la produzione di pellet non si è arrestata. Non esiste scarsità di gas o di pellet. Esistono solo i futures della borsa valori. Il rischio che si sia fermata solo la disponibilità secondo logiche esclusivamente finanziarie è forte. I magazzini potrebbero essere, in certi casi, pieni. Pronti ad aprirsi appena la domanda non salirà più. Basti pensare a cosa è successo con i materiali dell’edilizia quando è entrato a regime il superbonus 110%: di colpo introvabili, senza un motivo valido oltre a quello puramente speculativo.

Il corretto uso di legna, pellet, camini e stufe per riscaldamento

Nel frattempo alcuni rimedi si possono valutare. Per chi dispone di altri mezzi di riscaldamento (legna in primis) ovviamente si devono privilegiare le alternative, mentre si attende che il mercato inghiottisca questa brama speculativa.

L’altro consiglio è quello di affidarsi alla rete cercando fuori dai propri confini locali rivenditori che, pur senza (ovviamente) pubblicizzarlo, hanno mantenuto listini più “umani” e vendono le loro scorte senza cercare extra profitti. Sul web si trovano persone che hanno già fatto questa selezione e che, magari, possono aiutarvi. Comunque contattare direttamente il fornitore via telefono è la via maestra in questi casi. In questo link si possono trovare alcune info, ma non è difficile trovare altri contributi.

L’altra possibilità è valutare di cercare pellet all’estero, magari unendosi come gruppo di acquisto con altri cittadini. Rivolgendosi a quei paesi che non stanno subendo gli stessi aumenti dei costi energetici dell’Italia. Soprattutto dove hanno fatto grossi acquisti sul mercato. In particolare in quelle nazioni dove il pellet è più diffuso e usato rispetto a gas e gasolio e i prezzi sono normalmente più bassi per questo motivo. Con quantitativi legati a più famiglie unite si possono recuperare i costi di spedizione esteri.

La diversa efficienza energetica di camini aperti/chiusi, stufe a legna/pellet e caldaie

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