29 Marzo 2024 14:01

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L’umiltà di chiamarsi Minors e la loro avventura in Valtellina

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L’umiltà di chiamarsi Minors nasce come singola pagina Facebook a fine 2013, con il chiaro intento di raccontare in maniera ironica la pallacanestro minore italiana. In seguito si sviluppa anche sui canali Instagram e Twitter: negli ultimi anni ha collaborato con importanti aziende e attività (Dunkest, MiGames, FIP Regionale Emilia Romagna), e ha proposto una propria linea di abbigliamento dedicata ai cestisti di tutte le età. Con 165.000 fan totali fra le tre piattaforme (quasi 90.000 solo su Facebook), “Chiamarsi Minors” è diventata punto di riferimento per chi segue il basket, in tutta Italia.

Abbiamo intervistato Carlo Pedrielli, uno dei fondatori dei Minors. Di sé dice: bolognese, classe ’88. Ho studiato al Liceo Classico “Galvani” e successivamente alla Facoltà di Scienze della Comunicazione della mia città. Da sempre legatissimo al mondo della pallacanestro, di cui sono stato giocatore, istruttore, allenatore, SMM, addetto stampa e freelancer. Ho creato la fan page “L’umiltà di Chiamarsi Minors” qualche anno fa, e ogni tanto mi chiedo ancora perché. Ma è bellissimo.

Da “L’avventura in Valtellina” di Mario Soldati a quella dei Minors… Ce la racconti? –L’esperienza è stata incredibile! E, come spesso succede in questi casi, il primo momento emozionante è stato proprio il viaggio in sé. Confesso di non essere mai salito in Valtellina prima di allora, al pari di Francesco e Giacomo, i miei compagni di viaggio. Ci siamo fidati ciecamente del navigatore. Ad un certo punto, però, ci stavamo accorgendo che qualcosa non andava: la strada era in salita ripida, costante, e il termometro era sceso sotto lo zero pur essendo fine Giugno. Ce ne siamo resi conto soltanto arrivati in cima: avevamo scalato il Mortirolo! Eravamo totalmente spiazzati, nessuno di noi ci voleva credere… subito dopo, però, ci abbiamo riso sopra, e di gusto. La nostra avventura in Valtellina iniziò così.

A Bormio L’umiltà di chiamarsi Minors perse la verginità, nel senso che fu la vostra prima diretta facebook di una partita… Anche qui tutto liscio o no? – Siamo arrivati in Valtellina grazie all’invito di Sandro Faccinelli, titolare di Valtellina Mobile e ufficio stampa del Valtellina Basket Circuit. La nostra idea era quella di documentare attraverso la pagina le finali giovanili di quell’anno, e commentare la finale in diretta sui nostri canali social. In realtà, a venti minuti dalla palla a due, ancora non sapevamo se sarebbe stato possibile farlo. Abbiamo dovuto parlare con un delegato FIP, in generale ci aspettavamo molti meno problemi a livello burocratico, senza contare che si trattava della nostra prima diretta in assoluto e ci sentivamo sempre di più la tensione addosso. Fortunatamente dopo è andato tutto bene, siamo riusciti a fare un bel lavoro. E possiamo raccontare ai nostri nipotini di aver commentato una partita di Matteo Spagnolo, seppure a soli 14 anni…

Come vedi la situazione della pallacanestro odierna sia professionistica che nei dilettanti? – Sono molto pessimista. Parto dai dilettanti: ad oggi, non sappiamo assolutamente niente. Le linee guida nei vari protocolli si riferiscono essenzialmente ai metodi, e alle tipologie di allenamento: ma i campionati? Quasi nessuno crede davvero che si possa ripartire a Settembre, i più ottimisti parlano di Novembre/Dicembre, in tanti sperano che si possa tornare alla normalità nel 2021. Altri credono che a Settembre si ricominci davvero, ma che una seconda ondata farà chiudere tutto com’è già successo quest’anno. E poi, c’è il problema legato agli sponsor, che hanno risentito del periodo. Se gli sponsor saltano, le squadre saltano. Quello che sta succedendo in serie A è piuttosto indicativo. Io sono convinto che bisogna provare a ripartire in maniera concreta il prima possibile, anche perché i contagi giornalieri attualmente sono al minimo storico. Non bisogna sottovalutare il problema: ma, se dovessimo aspettare il vaccino, prima di tornare a giocare delle partite forse passeranno anni. Non so a quanti sia chiaro questo.

La vostra passione per il basket è a 360 gradi, ma è diventata anche un lavoro. Come avete vissuto la pandemia? –  Guarda, credo che ti basti sapere questo: avremmo dovuto aprire la Partita IVA la settimana prima del lockdown. Con il commercialista eravamo allineati su tutto, tranne sull’ammontare dei costi iniziali: ci saremmo dovuti rivedere una decina di giorni dopo, comunque l’avremmo aperta in ogni caso. Non passa sera che io non ci pensi. Voglio pensare che sia stata una botta di fortuna all’interno di un periodo, la quarantena, davvero bruttissimo. Abbiamo dovuto rivedere tutti i nostri piani. In questo momento, ci stiamo appoggiando agli amici di Triple Basket per quanto riguarda il sito e le spedizioni: la nostra volontà rimane però quella di essere autonomi in tutto e per tutto nel prossimo futuro, entro il 2020.

Indubbiamente il vostro talento nel content creator è lì da vedere. Che opportunità ci sono nello sport? – Purtroppo, la comunicazione sportiva italiana è molto, molto indietro. Io ti posso parlare del nostro ambito, ovvero la pallacanestro: ci sono tante società Minors senza un profilo social, tante società di medio livello che pubblicano non più di uno, due contenuti al mese, tante società di alto livello (A/A2/B) che sottopagano chi lavora all’interno della comunicazione. Questo, però, succede soprattutto per un motivo: solitamente, presidenti e dirigenti di queste società sono persone anziane da un punto di vista anagrafico, che non hanno un’idea precisa di quanto possa essere importante per loro avere canali attivi e bene aggiornati. Spesso, l’aspetto della comunicazione viene visto come un “di più”: al contrario, dovrebbe essere considerato come una delle basi per poter crescere come azienda sportiva sul proprio territorio.

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