Domenica 10 marzo torna il Carneval Vecc di Grosio. E’ il carnevale di Grosio, che da tempo immemore riempie le vie del paese con la sfilata dei carri e delle “Maschere Vecchie”.E’ un carnevale unico in Valtellina, ricco di tradizioni e particolarità. La prima: da sempre, il Carneval Vecc si celebra nella prima domenica di Quaresima, quando i festeggiamenti del più comune rito ambrosiano sono già terminati. Un modo escogitato dagli abitanti di Grosio per concedersi un’ultima domenica di bagordi prima dell’inizio del digiuno quaresimale. Ma la particolarità più importante è data dalle antichissime “Maschere Vecchie” che guidano la sfilata fin dagli albori del Carneval Vecc, quando ancora non esisteva la gara dei carri: ideate dagli abitanti di Grosio, ne conservano la vocazione goliardica e contadina. Guida il corteo la coppia formata dalla “Magra Quaresima” e dal “Carneval Vecc”: una vecchina scarna, vestita in modo umile e recante un cesto vuoto al braccio, ed un signore barbuto, pasciuto e ridanciano nella sua tenuta da montagna. I due sottolineano il passaggio dalle baldorie carnevalesche ai sacrifici della Quaresima. Altra coppia è quella formata dall’Orso e dal suo accompagnatore, rievocazione della figura del domatore d’orsi che animava le fiere nei tempi andati. Vi è poi la “Bernarda“, raffigurazione di una vecchietta che procede china sotto il peso di una gerla in cui trasporta un neonato. Il poppante, sostenuto da forti spalle contadine, alterna pianti infantili a poppate da un improbabile biberon contenente vino rosso. Molti vedono impersonata in questa maschera la diceria secondo cui a Grosio lavorano solo le donne, mentre gli uomini se ne stanno al bar davanti ad un calice. Il ruolo di burlone è invece giocato nel carnevale grosino dal “Toni”, una sorta di Arlecchino povero che rallegra i bambini stretto nel suo abito di pezza. Al seguito delle “Maschere Vecchie” sfilano i carri, fiabeschi o satirici, spesso ispirati ad avvenimenti che hanno segnato la vita del paese. Chiude la giornata il rogo della “Vegia”, rito che qualcuno ricollega agli antichi “fuochi di carnevale”, ovvero gli incendi dei rovi con cui in primavera si rendevano transitabili ai mezzi agricoli i sentieri di campagna.
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