Bruciare biomasse all’aperto
Le combustioni all’aperto, anche solo di residui vegetali, oltre ad elevate emissioni di polveri, monossido di carbonio e composti organici volatili, provocano emissioni di composti organici tossici, quali idrocarburi policiclici aromatici, diossine e dibenzofurani e metalli pesanti. La quantità di tali composti dipende dalla presenza di cloro, di pesticidi ed eventuali altri contaminanti.
LOMBARDIA – La combustione di materiale ligno-cellulosico è la sorgente più rilevante in Lombardia di benzo(a)pirene e, in generale, di IPA. Stime ARPA hanno valutato che le emissioni di PM10 di un singolo falò di residui vegetali di 24 m³ sono maggiori di 8 volte a quelle che un comune di 1.000 abitanti emetterebbe in un anno per poter riscaldare tutte le sue abitazioni con il metano.
Quadro normativo – La normativa statale (D.Lgs n. 152/06 – Testo Unico Ambientale – TUA) prevede, in generale, il divieto di combustione all’aperto e classifica i residui vegetali come rifiuti. Deroghe all’applicazione di tale disciplina sono stabilite dall’art.182, comma 6 bis, del TUA per i soli residui vegetali derivanti da attività agricole e forestali, in piccoli cumuli, per finalità agricole-ammendanti e tramite processi o metodi che non danneggino l’ambiente né mettano in pericolo la salute umana. Le Regioni possono limitare o vietare anche questa fattispecie per finalità legate alla qualità dell’aria.
BRUCIARE SCARTI VEGETALI AGRICOLI E FORESTALI: SANZIONI
Bruciare biomasse o residui vegetali in Lombardia
Regione Lombardia è intervenuta con la DGR n. 7095/2017, prevedendo, come misura permanente, il divieto di combustione anche di piccoli cumuli vegetali (inferiori a 3 metri steri per ettaro) dal 1° ottobre al 31 marzo di ogni anno nei territori dei Comuni posti ad una quota inferiore ai 300 m (200 m nel caso di Comunità Montane).
CASI PARTICOLARI – Solo per alcuni casi limitati, previa comunicazione al Comune, la combustione in loco di residui vegetali agricoli o forestali in piccoli cumuli può essere eseguita dal proprietario o dal possessore del terreno per soli due giorni all’interno del periodo sopra citato, ma solo nelle zone impervie o non raggiungibili dalla viabilità ordinaria e con modalità atte ad evitare impatti diretti di fumi ed emissioni sulle abitazioni circostanti.
ZONE MONTANE – Per i territori posti al di sopra dei 300 m (o 200 m in Comunità Montana), o comunque al di fuori del periodo invernale per le quote inferiori, per i soli residui vegetali derivanti da attività agricole e forestali si applica quanto disposto a livello nazionale e cioè:
- divieto generale tranne nel caso di piccoli cumuli inferiori a tre metri steri per ettaro per finalità ammendanti dei terreni – con onere probatorio a carico dell’esecutore e non per smaltimento rifiuti. La pratica deve ritenersi comunque come residuale e non prassi gestionale agricola;
- le condizioni di esecuzione non devono arrecare impatti su salute e ambiente. Il Comune può limitare o differire tali pratiche dando prescrizioni specifiche, in ragione degli elevati impatti emissivi di composti anche tossici che si generano da tale pratica;
- la Regione non deve aver dichiarato lo stato di rischio di incendio boschivo. In tal caso vige il divieto assoluto di combustioni all’aperto.
- non devono, inoltre, essere attive le misure temporanee a tutela della qualità dell’aria.
VERDE URBANO E PUBBLICO – I residui del verde urbano (sfalci, potature, siepi) rientrano tra i rifiuti e dunque non possono mai essere smaltiti tramite combustione.
In particolare, i materiali prodotti da attività di manutenzione del verde pubblico o di quello privato “fai da te” sono qualificati come rifiuti urbani, mentre quelli prodotti dalla manutenzione del verde privato eseguita da un’impresa sono classificati come rifiuti speciali.