23 Aprile 2024 20:43

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24enne alla guida di ITKAM: “Valtellina apri lo sguardo sull’orizzonte”

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Elio NarducciNel filone degli approfondimenti che ci piace sviluppare c’è, dal principio, la volontà di parlare e confrontarsi con chi è uscito dalle “quattro mura di casa” e ha sviluppato esperienze e successi professionali, al fine di offrire un contributo e una visione lontana dall’autoreferenzialità locale.
Con grande piacere oggi parliamo con un giovane per l’Italia, per non parlare della Valtellina, che a soli 24 anni è al vertice, come Segretario Generale, della Camera di Commercio Italiana per la Germania
L’Itkam, in funzione dal 1911, è un’organizzazione bilaterale che opera sui mercati italiano e tedesco allo scopo di favorire ed incrementare le relazioni economico-commerciali e la cooperazione tra le imprese di entrambi i paesi. La sua missione è promuovere il made in Italy attraverso mostre, fiere e convegni.
Eliomaria Narducci, nato in Molise a Termoli, ma sondriese di adozione, fisico da cestista, viso da classico bravo ragazzo, grazie al merito e alle competenze acquisite con lo studio e il lavoro all’estero, è stato nominato nel settembre 2015 alla guida operativa di Itkam.
La prima cosa che viene naturale pensare è se nelle Camere di Commercio del Bel Paese Elio occuperebbe la stessa posizione. La risposta diventa una domanda.
La tua voglia di andare all’estero è dipesa dalla consapevolezza che l’Italia non offriva le possibilità che cercavi?
“Se ripenso a tre anni fa, ovvero all’ultimo periodo della mia triennale in Bocconi, il fatto di vedere poche o difficili prospettive nell’inserimento nel mondo lavorativo ha giocato un ruolo determinante nella mia scelta di cercare le opportunità al di fuori dell’Italia. Io ho avuto la fortuna di aver vissuto per lunghi periodi durante gli studi sia negli Stati Uniti che in Cina, ad Hong Kong. Un certo “allenamento” a vivere fuori dai confini lo avevo sviluppato e in quel momento l’estero mi è sembrata la scelta migliore per me. Le esperienze che ho avuto in Germania hanno confermato le mie previsioni”.
Scontata la domanda se ritornerai in Italia, meglio chiederti cosa c’è di diverso tra la realtà che vivi e la provincia di Sondrio, non solo professionalmente parlando?
“Questa domanda mi provoca due reazioni. Da un lato mi sono chiesto se sia effettivamente possibile paragonare città come Francoforte e Berlino con la realtà sondriese; d’altro canto vi sono sicuramente interessanti spunti di confronto. In un tentativo di semplificazione mi piacerebbe concentrarmi su Francoforte perché centro bancario importante della Germania. Come sappiamo le banche giocano un ruolo fondamentale per l’economia valtellinese. Da un certo punto di vista la cultura del lavoro che si respira a Francoforte è simile a quella che c’è a Sondrio, ovviamente tenendo conto delle evidenti differenze culturali tra noi Italiani e la popolazione tedesca. Una realtà come quella di Francoforte che vede una popolazione di 700.000 abitanti con una forte presenza di stranieri e una grossa fetta di popolazione studentesca ha generato una economia molto ampia anche nei settori dello svago. Francoforte ha un servizio di mezzi pubblici ben calibrato per le sue dimensioni e necessità. Al contrario di molte grandi città, è molto vivibile e tutto è straordinariamente a “portata di mano”. Anche Sondrio sotto questo aspetto è decisamente imbattibile. Molto spesso mi è stato chiesto se ho subito alcuno shock culturale nel trasferirmi a Francoforte. La risposta è sempre un deciso no. C’è solo una cosa che mi manca, poter guardare fuori dalla finestra e sentirsi abbracciare dalle montagne”.
Sei stato per anni uno dei volontari del Valtellina Basket Circuit. Ci racconti che esperienza è stata?
“Le estati passate tra Sondrio e Bormio per organizzare gli eventi cestistici dell’estate sono tra i miei più bei ricordi del periodo del liceo. Ormai era una prassi: il lunedì successivo alla fine della scuola, alle 9.30, appuntamento alla vecchia sede della Sondrio Sportiva in piazzale Merizzi dove un “carichissimo” Diego Pini, dall’altro lato della più disordinata scrivania che io abbia mai visto, mi aspettava. Il primo anno fui io a chiedergli di poter partecipare come volontario. Come per tutti i primi incarichi, Diego ci ha tenuto a farmi partire dalla “gavetta”. Quando eravamo a Sondrio io e la fotocopiatrice eravamo amici inseparabili. A Bormio i colleghi di lavoro sul campo erano gli scopettoni e i sacchi dell’immondizia. Quello di Bormio fu il mio primo lavoro. Anno dopo anno, viaggio dopo viaggio tra Sondrio e Bormio, Diego mi ha affidato sempre più responsabilità. Lì ho conosciuto il mondo del basket e più in generale dello sport italiano e alcuni tra i più importanti allenatori e giocatori al mondo. Lì, nel mezzo della montagne, l’estate si colorava di internazionalità. Lì c’era tutto da organizzare e ogni dettaglio da ripianificare. Credo di dovere molto a Diego e a quello che mi ha permesso di fare all’interno delle sue “creature”. A distanza di pochi anni, ora che ripenso a quei tempi, ho la sensazione che la mia vita professionale abbia tratto lo spunto dalle esperienze che solo in estate avevo il privilegio di vivere”.
Alla luce di questa esperienza non pensi che il turismo sportivo in Valtellina potrebbe essere il primo marchio made in Italy locale?
“Credo che indubbiamente Diego grazie alle sue capacità e soprattutto alla sua passione sia riuscito a creare un qualcosa dall’alto valore aggiunto. La Valtellina lo ha aiutato molto nel suo scopo. È arduo in Italia trovare una densità così alta di impianti sportivi per allenamento indoor e outdoor in un territorio non particolarmente esteso. La valida offerta alberghiera e la geografia locale della Valtellina fanno da contorno perfetto sia d’estate che d’inverno a questa predisposizione atletica. Certo le infrastrutture non hanno aiutato il flusso di turisti negli anni, ma grossi passi si stanno facendo con la realizzazione delle opere di incremento e completamento della strada Statale 38. Due riflessioni condividevo con Diego quando analizzavamo insieme l’indotto che il nostro lavoro produceva. La prima è che la Valtellina ha bisogno di eventi di richiamo che assicurino presenze alberghiere capaci di supportare anche l’economia delle zone minori del territorio; in questo senso l’investimento sulle manifestazioni sportive è di vitale importanza per la valle. La seconda deriva da quanto Diego mi diceva spesso le volte in cui alle 4.30 del mattino andavamo a funghi: “non si può apprezzare fino in fondo la Valtellina se non si conoscono le sue montagne”. La ricchezza del territorio valtellinese e le possibilità che esso offre sono molteplici e sicuramente non completamente sfruttate”.
Hai viaggiato tanto. Come vedono la Valtellina, a tuo parere, i turisti, soprattutto quelli potenziali?
“Ho sempre colto con stupore e piacere che le località valtellinesi siano, in Europa, generalmente conosciute. Sicuramente i mondiali di sci hanno reso noto Bormio ad un pubblico molto vasto. La capacità dei Valtellinesi di essere anche esploratori del mondo, poi, aiuta la fama locale. Molto spesso capita nei miei viaggi di conoscere valtellinesi nei posti più inaspettati. Se, però, si apre lo sguardo sull’orizzonte, verso gli altri continenti, ci si rende conto che la Valtellina non è ancora stata individuata come meta del turismo intercontinentale. Sicuramente le difficoltà oggettive nel raggiungere il territorio non hanno favorito questo tipo di turismo, ma credo anche che altre siano le ragioni. Il turista che fa molti chilometri per raggiungere una destinazione è molto esigente ed è alla ricerca non solo di una sistemazione sempre rinnovata e confortevole ma anche di un’esperienza turistica ad alti livelli per quanto riguarda le possibili attività e soprattutto lo svago. Proprio questo secondo punto credo sia il fattore decisivo sul quale sarebbe opportuno aprire un ragionamento strutturato per l’offerta per la nostra valle. Oggi il “pacchetto completo” ha molto più valore della singola peculiarità”.
Il tuo lavoro è promuovere il made in Italy. Che cosa deve fare la Valtellina in questo senso?
“La Valtellina è una terra che offre prodotti straordinari, tra i tanti nei settori agroalimentare, metallurgico, tecnologico, artigianale e artistico. Vi sono realtà imprenditoriali che sono riuscite nel tempo ad avere le risorse sufficienti e una struttura adeguata per uscire fuori dai confini nazionali. La Valtellina ha la fortuna di avere degli Istituti di credito molto attivi che investono sulle aziende locali. Dare una ricetta per il successo è sicuramente impensabile. Il mio lavoro mi insegna che ogni settore ha bisogno del suo ragionamento individuale. Una cosa è certa, la Valtellina ha le carte in regola per poter far sentire più forte la sua voce nel mondo. L’operosità e la dedizione al lavoro della popolazione valtellinese sono i capisaldi su cui costruire le possibilità di domani. La creatività e l’innovazione permettono di fare la differenza”.
E per finire, una domanda che è anche un augurio: quando ti vedremo all’opera nella Camera di Commercio di Sondrio? Così potrai anche tornare a dare una mano sul parquet alla tua ex squadra!
“In una delle mie ultime visite ho avuto il piacere di incontrare il mio collega Segretario Generale della Camera di Commercio di Sondrio. Le nostre Camere nel passato hanno collaborato a realizzare progetti per la promozione di alcuni prodotti valtellinesi del settore agroalimentare in Germania riscuotendo un buon risultato. Il mio invito al collega e all’imprenditoria locale è quello di continuare a progettare queste iniziative che permettano loro di ampliare il raggio di vendita attraverso la ricerca di controparti commerciali e/o di clienti nel territorio tedesco. Devo dire che ho appreso con piacere che è di pochi giorni fa l’iniziativa promossa per i giovani che hanno interesse di dar corso a progetti di startup sul territorio valtellinese in cui era coinvolta anche la Camera di Sondrio. Quello che ho imparato nelle mie esperienze all’estero, e che credo sia utile importare in Italia, è l’investimento sui giovani. Come ho avuto modo di dire in diverse conferenze, le persone più esperte hanno le idee e sanno come farle funzionare. I giovani possiedono l’energia, la voglia e la visione internazionale per portarle avanti. E’ importante supportarli nel modo migliore”.

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